Ottant’anni fa la Liberazione. Gli americani entrarono in San Miniato il 24 luglio. La strage del Duomo era avvenuta due giorni prima. Quella tragedia – 55 i morti e centinaia i feriti - sulle cui responsabilità la comunità si è divisa e lacerata per decenni. Profondamente e drammaticamente. Eppure, secondo Giuseppe Chelli, superstite della strage – quel giorno perse, in Cattedrale, il fratello Carlo – che tanto si è battuto, con ricerche e documenti per la verità "tutta la vicenda che ha occupato più di mezzo secolo sarebbe stata evitata se la denuncia che gli americani mandarono al governo italiano e quindi alla magistratura non fosse finita nel l’Armadio della vergogna". Appena arrivati gli americani – ricorda Chelli sulla base di documenti – affidarono al capitano Edward J. Ruffo del 362° Reggimento della 91° Divisione Fanteria di svolgere un’indagine preliminare su quanto era accaduto in duomo. "Le conclusioni dell’indagine furono che il massacro dei civili fu opera dei tedeschi per rappresaglia alle ostilità della popolazione locale". Il 16 novembre 1944 il fascicolo intestato "un’atrocità commessa da soldati tedeschi non identificati" veniva inviata a Washington, e il 21 novembre passava al Tribunale Supremo Militare. Questo, e altri 694 fascicoli di stragi, il Governo italiano in carica li trasmette alla Procura generale militare presso il Tribunale Supremo Militare per essere processati dalle singole Procure Militari Italiane, competenti per territorio.
Invece tutti i fascicoli rimangono fermi in Procura ed il 14 gennaio 1960 il dottor Enrico Santacroce firma 695 decreti di archiviazione provvisoria di fascicoli giudiziari relativi a migliaia di episodi di stragi. C’era anche il caso San Miniato. La svolta avvenne a partire dal 1994 a margine del processo contro il criminale di guerra Erich Priebke, quando vennero, casualmente, alla luce i 695 fascicoli, rimasti chiusi dal 1960 in un armadio del Palazzo Cesi a Roma, dove ha sede la procura generale militare. Una commissione composta da magistrati delle procure generali militari d’appello e di Cassazione analizzò, tra la fine del 1994 e il maggio 1995, i singoli fascicoli per assegnarli alle procure militari competenti. San Miniato rientra nella giurisdizione del tribunale militare di La Spezia, a cui vengono assegnati 214 fascicoli, tra cui quello sul Duomo. Scattano nuove indagini. Nel 2000 è dal National Archives di Washington che gli storici Claudio Biscarini e Giuliano Lastraioli, prendono la prova che il Duomo fu vittima di fuoco amico: "un modulo ciclostilato e riempito a mano il 22 luglio 1944 :– sottolinea Chelli –. Si tratta dell’ammunition record compilato a fine giornata dal comando del 337° battaglione di artiglieria da campo dell’esercito statunitense. In due righe c’è tutto sul misfatto del Duomo di San Miniato". Un colpo di cannone americano aveva centrato la Cattedrale Quel documento finì a La Spezia - Chelli inviò anche sue memorie in procura – e nel 2002. I pm chiesero l’archiviazione: "ritenendo che debba innanzi tutto dubitarsi della sussistenza del crimine in origine ipotizzato e che le indagini finora compiute non hanno fornito alcuna indicazione utile per identificare i responsabili..". Marco De Paolis in data 20 aprile 2002 – sottolinea Chelli – firma il decreto di archiviazione accogliendo la tesi della pubblica accusa "ritenendo che non sussistono, all’esito delle investigazioni effettuate, elementi obiettivi per ricondurre il fatto alla responsabilità penale di alcun soggetto individuato e che la notizia deve considerarsi a tale stregua infondata o in subordine destinata all’archiviazione per essere rimasti ignoti gli autori del fatto".
Questo è - allo stato – l’unico accertamento giudiziario esistente. Che dire sulla lunga, robusta polemica che ha occupato oltre 60 anni? "La lunga lacerazione del tessuto sociale e spesso umano – conclude Giuseppe Chelli – sarebbe stata evitate se la denuncia del comando americano invece di finire nell’Armadio della Vergona fosse stata consegnata al Tribunale Militare di La Spezia nel 1946".
Carlo Baroni