Ponsacco, 19 febbraio 2016 - Resta in carcere Jalal El Hanoui, il marocchino di 26 anni accusato di avere istigato alla jihad attraverso i suoi profili Facebook. La corte d’assise di Pisa, presieduta dal giudice Pietro Murano, davanti la quale è iniziato stamani il processo, ha rigettato l’istanza dei difensori del giovane Marco Meoli e Tiziana Mannocci che hanno chiesto per il loro assistito una misura meno afflittiva: i domiciliari con il braccialetto elettronico unitamente alle restrizioni circa l’utilizzo di tutti i mezzi di comunicazione. Ipotesi alla quale si è opposto il pm Angela Pietroiusti, titolare dell’indagine, e che sostiene l’accusa in aula. La prima udienza si è aperta con i difensori di Jalal che hanno posto un’eccezione preliminare sul decreto che dispone il giudizio definendo «evanescente l’impostazione» che si basa solo «su alcune frasi decontestualizzate». Giudici e giuria popolari si sono poi ritirati per decidere. Il pm, Angela Pietroiusti, ha invece chiesto di respingerla anche se i difensori hanno bollato le accuse come «generiche e superficiali». «Di cosa deve rispondere Jalal? - si è chiesta il legale Tiziana Mannocci - Forse del suo orientamento religioso o delle sue opinioni politiche? Si dica quali sono i fatti e i reati istigati e non ci si limiti a una teorica enunciazione dettata dal codice».Si torna in aule il 4 marzo per sentire i primi testimoni, che saranno quelli del pubblico ministero.