
I militari dell'Arma
Santa Maria a Monte, 23 marzo 2016 - Condannati i rapinatori che il 13 e 14 aprile del 2015, quindi meno di un anno fa, misero a segno due colpi in appena due giorni: il primo alla sala slot Terry Bell di Perignano, il secondo alla Verde Oasi di Santa Maria a Monte. Gli arresti, nel giugno del 2015, furono effettuati dai carabinieri del nucleo investigativo di Pisa al termine di un'indagine complessa, ma molto rapida, diretta dal pubblico ministero della Procura pisana, Giancarlo Dominijanni. Durante le due rapine la banda di criminali - tutti giovanissimi - riuscì a portar via 6mila euro alla sala slot e 150 euro all'azienda vivaistica Verde Oasi.
Condannati Giovanni Pennacchio, 21 anni, residente a Ponsacco ma domiciliato a Santa Maria a Mongte, e Salvatore Cilino: 6 anni e 1.400 euro di multa al primo, 4 anni e 1.200 euro di multa al secondo. Entrambi dovranno anche pagare le spese processuali e di custodia cautelare. Nel provvedimento il dal gip Elsa Iadaresta che ha tenuto conto anche dello sconto di pena di 1/3 imposto dalla scelta del rito abbreviato.
Il terzo imputato, Emanuele Mauceri, invece, ha scelto il rito ordinario in corso di celebrazione. Drammatiche le sequenze raccontate dalle vittime delle rapine: nella sala da gioco Terry Bell di Perignano, era la stata la giovane dipendente a vedersi puntata la pistola e costretta a consegnare l’incasso, mentre nell’azienda vivaistica Verde Oasi di Ponticelli di Santa Maria a Monte era stata la proprietaria ad essere minacciata di morte con la pistola puntata alla testa per l’esiguità dell’incasso.
I colpi erano studiati nei minimi dettagli, curando tutte la fasi: dal sopralluogo, effettuato entro i due giorni precedenti il colpo, con un mezzo “pulito”, attraverso il quale si verificavano le vie d’accesso e le fasce orarie ritenute più idonee ad evitare le criticità del traffico; alla fase “operativa”, effettuata mediante l’approntamento delle armi, che venivano consegnate solo pochi attimi prima del compimento dell’azione, l’irruzione nell’esercizio pistole in pugno, la predisposizione di luoghi ove cambiarsi l’abbigliamento per eludere le ricerche o i controlli delle forze di polizia.
I dettagli così raccolti venivano poi diramati tra i correi, con linguaggio criptico, nella chat del videogioco di guerra Black Ops, che ha dato il nome all’indagine, prodotto per le console Playstation Sony e Xbox Microsoft, cui erano dediti i tre arrestati prima di compiere le rapine. L’idolo degli arrestati era il boss Totò Riina ed erano soliti salutarsi in chat pronunciando la frase 'chi tradisce è un infame".
Rocambolesca fu la cattura del ricercato Cilino, avvenuta anche con la cooperazione delle polizia belga e francese, localizzato grazie alle intercettazioni delle utenze internazionali in uso ai suoi fiancheggiatori: dalle indagini era emerso che il giovane, dopo la rapina alla sala slot, nonostante la misura di prevenzione cui era sottoposto, riparava in Belgio prima di raggiungere la Francia negli ultimi giorni della sua latitanza per la pressante attività di ricerca nei luoghi in cui il catturando aveva trovato rifugio. L’epilogo dopo un pedinamento per le vie della città di Bordeaux con il latitante alla guida di un veicolo con targhe false.