Pontedera, 20 agosto 2023 – La notizia arriva la mattina presto in una città deserta. Chi non è in vacanza è comunque scappato al mare e la grande fabbrica, la Piaggio, è dormiente da un paio di settimane per la pausa estiva. Roberto Colaninno, il patron del gruppo, è morto. Una notizia che scuote molti piaggisti, ma anche tanti pontederesi. Un annuncio inatteso perché niente, negli ultimi giorni, aveva lasciato intendere epiloghi così drammatici. Perché fino a qualche giorno fa, il presidente e amministratore delegato, ottantenne, aveva avuto normali contatti con alcuni dei suoi collaboratori. Anche perché i timori per la sua salute risalgono addirittura a 7-8 anni fa quando dovette subire un intervento per superare un brutto male. Ma si riprese bene e tornò a guidare il Gruppo senza problemi.
Sulle ultime ore di Colaninno c’è il massimo riserbo, un riserbo che è diventato un segno distintivo della sua famiglia e che ne ha fatto uno stile. Colaninno, nato a Mantona da una famiglia di origine barese, aveva scalato la finanza italiana. Ma la sua storia a Pontedera inizia nel 2003 quando si presenta con le chiavi della fabbrica consegnateli dal fondo americano Morgan Grenfell Private Equity. La missione è chiara: c’è un’azienda in difficoltà, che una volta uscita dalla galassia Agnelli, aveva conosciuto anni difficili sotto la guida del fondo. I bilanci parlano di 500 milioni di debiti e di modelli da rinnovare per tornare ad aggredire il mercato interno e internazionale. Colaninno per prima cosa, nel 2004, allarga il perimetro industriale, e con l’acquisizione dei marchi Aprilia e Moto Guzzi entra nel business delle moto. L’altro passo decisivo è di pura finanza: nel 2006 porta in borsa Piaggio con la strategia di abbattere il debito. La duplice scommessa funziona: i nuovi prodotti incrementano le vendite in tutto il globo e il percorso di risanamento prende lentamente il via fino ad accelerare negli ultimi anni.
Colaninno capisce che Piaggio e la sua galassia di marchi, è troppo “pontederese“ e per crescere nel mondo deve applicare il modello di multinazionale, aprendo stabilimenti e uffici all’estero. Era infatti dagli anni 80, quando la fabbrica della Vespa si ritirò dall’India, che il Gruppo non investiva massicciamente all’estero. Così arrivano i nuovi stabilimenti produttivi in Vietnam e India. E negli Usa, precisamente a Boston, Colaninno vuole andare oltre al presente creando un centro di ricerca per la mobilità del futuro.
La strada del rilancio è tracciata e arrivano anche i record, con le ultime trimestrali che per tre volte consecutive segnano i dati positivi migliori di sempre. Un rilancio che non viene fiaccato nemmeno quando scoppia la pandemia e nei mesi successivi la guerra dei prezzi in rialzo e il problema delle forniture di componenti, minaccia i mercati.