Le cose diventano speciali anche per essere frutto del lavoro di persone speciali. E anche lo street food che raggiunge le piazze e le strade toscane in Ape può essere speciale. Quello che arriva da Casa Ilaria, una fondazione nata per costruire risposte concrete ai bisogni occupazionali e lavorativi di persone particolarmente svantaggiate, in particolare giovani con autismo. Suor Ilaria è Ilaria Meoli, nata a Pontedera il 17 maggio 1970. Infettivologa, ha abbracciato la vita religiosa come missionaria in Africa.
"L’ape - spiega il fondatore e l’anima di Casa Ilaria, Don Maurizio - è un insetto amico della natura e molto laborioso, come lo siamo noi che in regime biologico facciamo agricoltura sociale, con 12 ettari di terreno e la vendita diretta mentre ricettività e ristorazione prenderanno il via a maggio. La sede, alla Badia di Carigi, è in una cascina leopoldina del 1024, e in mille anni ha ospitato monaci, nobili e contadini. Ora, dal 2017, ci siamo noi, e ci siamo fatti carico del restauro".
"Senza sostegni pubblici, ma aiuti di singoli privati e big come la Banca d’Italia e le Generali, stiamo portando avanti un’impresa finora costata 3 milioni di euro e che ora necessita di costruire un ricovero dei mezzi agricoli e un punto vendita. Non è una casa famiglia né una comunità - precisa - ma è un luogo inclusivo di ospitalità e lavoro. Ci diamo da fare nel produrre seminativi e le orticole, abbiamo un frutteto, le arnie e tramite questi garantiamo posti a tavola e posti-letto a persone con disabilità fisica, sociale e psicologica con le quali stiamo creando un luogo di ospitalità aperto a tutti".
In campagna, racconta Don Maurizio, "condividiamo il piacere di stare all’aperto e del fare attività insieme e questo ci permette di tirar fuori pensieri ed emozioni (foto in alto presa dal profilo Facebook). I nostri giovani hanno tanto all’interno e nella nostra comunità combattiamo blocchi e chiusure tutti insieme. L’esperienza di Casa Ilaria ci dimostra che la cura è la socialità. Non è vero - osserva - che le persone con spettro autistico sono fuori dal mondo, ma anzi ricevono talvolta troppi stimoli che non riescono a controllare. Aiuta loro la routine nei campi dove abbiamo coinvolto una trentina di ragazzi, segnalati dai servizi sociali o psichiatrici, e alcuni assunti dalla cooperativa della fondazione. E aiuta la serenità dei familiari. Quando partirà il ristorante chiameremo altri sette-otto ragazzi con autismo per lavorare in sala. Una volta pronte marmellate e le salse via sull’Ape, per vendere il nostro miele, nelle piazze, negli aperitivi, nei matrimoni". Tutto questo è la miglior cura.
C. B.