Nella miniera di rame di Montecatini Valdicecina i ricercatori dell’Istituto di Geoscienze e georisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno scoperto la presenza di selenio, tellurio e metalli preziosi, con concentrazioni superiori alla media, fino a oltre 100.000 volte i valori medi della crosta terrestre. Il giacimento è esaurito da tempo, rileva il Cnr, e si è formato 150 milioni di anni fa, nel periodo giurassico, sul fondo di un oceano, per poi dislocarsi tettonicamente in mezzo alla catena appenninica. Tuttavia, la ricerca offre nuove prospettive nell’individuazione di questi metalli, sia sui fondali oceanici che nelle catene montuose e sebbene i giacimenti toscani siano molto piccoli o già esauriti, si aprono comunque "nuovi orizzonti nell’esplorazione di quei metalli considerati critici per la transizione energetica, in contesti oceanici e orogenici".
Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricerca dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr (Cnr-Igg), nell’ambito del progetto Prin-Mur 2017AK8C32, ed è stato di tipo geologico, mineralogico e geochimico sui giacimenti cupriferi (denominati Vms acronimo di Volcanogenic Massive Sulfide deposits) della provincia di Pisa. I minerali, estratti a Montecatini Valdicecina e nelle altre piccole miniere della zona, oltre al rame, contengono una notevole quantità di selenio, tellurio, oro e argento. Tali Vms toscani si formarono nel giurassico in corrispondenza di una dorsale oceanica a bassa velocità di espansione che, prima della formazione delle Alpi e degli Appennini, separava la placca tettonica europea da quella africana. Poi le dislocazioni tettoniche che li hanno posizionati lungo la catena appenninica ne hanno determinato una forte dispersione, portando le porzioni più profonde in prossimità della superficie. Il giacimento di Montecatini Valdicecina è stato scoperto a metà del 1800 generando una delle imprese minerarie più remunerative in Europa. Da questa esperienza nacque la Montecatini s.p.a., la più grande azienda mineraria e chimica italiana, che poi si trasformò in Montedison.
I giacimenti permettono di analizzare e comprendere i processi idrotermali che avvengono nella parte meno accessibile dei sistemi oceanici, raggiungibile solo attraverso costose perforazioni. Lo studio dei VMS toscani, sebbene siano molto piccoli o già esauriti, apre nuovi orizzonti nell’esplorazione di quei metalli considerati critici per la transizione energetica, in contesti oceanici e orogenici.