
La «Strada di patto» durante un lavoro di ’restauro’. Questa arteria è al centro del dibattito ormai da anni (foto Germogli)
Il caso dei lavori del secondo e terzo lotto relativi alla strada di Patto è tornato all’esame della Corte dei Conti. Due anni fa – lo ricordiamo – per il raccordo fra la città e lo svincolo Pontedera ovest della Fi-Pi-Li che deflagrò in buche e schianti poco dopo l’inaugurazione, furono pronunciate tre condanne dalla Corte dei Conti che respinse in appello i ricorsi dei tre funzionari del Comune chiamati a risarcire il municipio dei soldi, per l’accusa, "pagati per il materiale contabilizzato, ma non utilizzato, per l’esecuzione dei lavori".
Si tratta dell’architetto Massimo Parrini, 62 anni di Empoli, all’epoca dei fatti responsabile unico dei procedimenti; dell’ingegner Salvatore De Pascalis, 62 anni, di Pontedera, al tempo direttore dei lavori; dell’architetto Marco Pasqualetti, 58 anni, di Pontedera, collaudatore delle opere (non era imputato nel procedimento penale, nè in quello in sede civile). La prima sezione centrale d’appello della Corte dei Conti, è intervenuta sul giudizio di revocazione in materia di responsabilità, proposto con rispettivi ricorsi dai tre funzionari contro la sentenza del 2023. Nei ricorsi sono stati sostanzialmente riproposti i motivi (articolati in base alle diverse posizioni) già avanzati in appello. Tra questi l’intervenuta prescrizione e l’insussistenza dell’occultamento doloso, "essendo state commissionate numerose verifiche lungo la strada". Fra vari aspetti è lamentata la violazione del giusto processo e l’assenza del nesso di causalità. Viene evidenziato poi "che sulla vicenda pende giudizio civile intentato dal Comune nei confronti delle ditte appaltatrici" – alla luce anche dell’Atp che ha individuato in capo a queste ultime la responsabilità del danno – "avente ad oggetto le medesime somme contestate in questa sede a titolo di danno erariale, con evidente rischio di duplicazione del risarcimento al beneficio del Comune di Pontedera".
Il mezzo della revocazione, "costituisce un rimedio per far fronte a situazioni eccezionali che hanno impedito la corretta formazione della decisione del giudice, in ragione della sussistenza di specifiche anomalie tassativamente tipizzate dal legislatore, non un mezzo di impugnazione utile ad ottenere un riesame nel merito della controversia già decisa", scrive la corte che ha respinto tutti e tre i ricorsi, con relativa conferma del dolo civile e del danno all’erario e della sua quantificazione che supera di poco i 696mila, e che in quote sensibilmente diverse, sono stati condannati a pagare i tre funzionari: tanto che al collaudatore è stata addebitata una responsabilità di 39mila euro di danno erariale.
Carlo Baroni