Tenta di uccidere il padre. Condannato a 5 anni e mezzo. Il caso è arrivato in Cassazione

L’aggressione per strada il 26 agosto del 2022: ripetuti fendenti sferrati con un coltello. I colpi non andarono a segno: l’azione riprese con un cacciavite con cui la vittima venne ferita.

Tenta di uccidere il padre. Condannato a 5 anni e mezzo. Il caso è arrivato in Cassazione

L’aggressione per strada il 26 agosto del 2022: ripetuti fendenti sferrati con un coltello. I colpi non andarono a segno: l’azione riprese con un cacciavite con cui la vittima venne ferita.

L’episodio era giunto al culmine di una situazione di grave tensione. L’imputato, poco più che 20enne, assuntore di stupefacenti, da quanto ricostruito, era alla costante ricerca di denaro e aveva dato più volte in escandescenze, nei confronti della madre, ma al tempo stesso, nutriva astio verso la figura paterna. Tant’è che cercò di ucciderlo il 26 agosto 2022 in strada. Secondo la ricostruzione giudiziale, ripetuti fendenti erano stati sferrati con un coltello a punta dalla lama lunga oltre dodici centimetri, in direzione dell’addome e del petto della vittima – si legge nella sentenza della Corte di Cassazione –, mentre l’imputato proferiva al suo indirizzo espressioni ingiuriose e minatorie. I colpi di coltello non erano andati a segno per la pronta reazione della vittima stessa, che, indietreggiando, era riuscita a schivarli. Era quindi intervenuto un vicino di casa, mettendo provvisoriamente fine all’azione offensiva. In seguito, l’imputato – emerse – si era armato di cacciavite e, tornato in strada, aveva attinto nuovamente il padre, procurandogli lesioni superficiali. La Corte di appello aveva affermato la penale responsabilità del giovane per il tentato omicidio del padre, e per reati ulteriori (porto ingiustificato di coltello, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale), anteriormente e contestualmente commessi. I giudici riconoscevano anche la prevalenza delle attenuanti generiche, già concesse in primo grado, sull’aggravante del rapporto parentale rideterminando la pena in cinque anni e sei mesi di reclusione. La Cassazione ha passato definitiva la sentenza d’appello. Il difensore dell’imputato, fra vari aspetti, aveva lamentato agli ermellini come un’azione con le caratteristiche come ricostruita dalle indagini, con colpi non andati a segno, "non integrerebbe alcuna volontà omicida". Elencando come la sentenza non si sarebbe confrontata con vari aspetti. Fra i quali la presenza della vittima fuori dall’automobile, "la mancata fuga alla vista del figlio armato di coltello e la presenza della mazza da baseball, indice di volontà aggressiva da parte del padre".

Carlo Baroni