Peccioli (Pisa), 3 maggio 2017 - "Ho capito: da grande vorrai fare l’astronauta". La mamma porge il braccio intorno al collo del ragazzino: avrà 11-12 anni e indossa una felpa con la scritta Nasa. E’ in piedi e applaude con gli occhi sognanti: Charlie Duke ha appena finito di raccontare i suoi salti sulla luna.
E come uno di quei film americani: dove il pathos estremo del gioco della vita e della morte si confonde con l’umorismo alla Tex Willer. Un mix così piacevole che ascoltare l’astronauta americano, 81 anni ma in forma smagliante, è come salire con lui sull’Apollo 16 nell’aprile del 1972. "Ho visto la terra a 30mila chilometri di distanza: era una palla sospesa nel buio. Nello spazio è sempre giorno e, proprio come qui, se c’è la luce del sole non si vedono le stelle".
"Ma non si vedono neppure i confini o gli Stati – scende nel profondo –. In quel momento ti rendi conto che siamo tutti terrestri e tutti uguali e che la luna in questo ci può aiutare molto". Dai giorni prima della missione alla partenza: ripercorre ogni istante. Almeno 500 persone restano col fiato sospeso mentre la sala dell’incubatore d’impresa di Peccioli si trasforma in una navicella spaziale.
"E pensate che il computer di bordo aveva una memoria mille volte inferiore a un comune cellulare di oggi – sorride –. Eppure ce l’abbiamo fatta". E poi come in ogni pellicola d’Oltreoceano c’è l’omaggio alla bandiera a Stelle Strisce, alla moglie che assiste in platea e un pensiero per Dio: "La luna – si scioglie – è bellissima. Quando ho messo piede ho gridato e saltato come un pazzo. E’ un deserto argentano che si estende nel nero del cielo. Ci siamo rimasti per 72 ore e non volevamo più venire via".
"Per fortuna – continua – non potevamo perderci perché le orme non spariscono. Anzi, abbiamo lasciato lassù un’auto che vale 8 milioni di dollari: ha finito la batteria ma se qualcuno vuole andare a prenderla vi posso dire dov’è".
"Noi la nostalgia e il gioco: "Tornare? – dice – Ho 81 anni ma io e il mio equipaggio ci siamo iscritti come volontari alla Nasa in caso ripartissero le missioni. Il problema è che ci hanno risposto: ‘Va bene ma non chiamateci. Ci faremo sentire noi...". E ancora: "Sono rimasto deluso che nessuno sia più tornato lassù. Spero che le missioni possano ricominciare".
Così che qualcuno ritrovi la foto della sua famiglia che Charlie Duke ha lasciato vicino a una montagna di pietre: "Cosa ho imparato? – risponde ad una domanda di Renzo Macelloni, sindaco di Peccioli – Che nella vita bisogna volersi bene e che i genitori devono prendersi cura dei figli perché la vita è una sola". Come la luna.