Pontedera, 18 giugno 2019 - Dario Dainelli, pecciolese di Ghizzano (dove abitano ancora i genitori e la sorella Anna, assessora in Comune a Peccioli), 40 anni compiuti lo scorso 9 giugno, ha deciso di lasciare il calcio. Dopo diciannove anni tra serie A e serie B, l’Europa League e la Champions con la Fiorentina, il forte difensore centrale si è preso un mese di vacanza dopo aver contribuito alla conquista della salvezza del Livorno in B. Poi deciderà cosa fare. Intanto ha conseguito il parentino di allenatore Uefa B, forse farà il corso per diventare direttore sportivo.
Nel frattempo arriveranno settembre e ottobre quando nell’azienda agricola di famiglia a Cerreto Guidi, dove la famiglia Dainelli abita, sarà tempo di vendemmia. «Quello del vino è un mondo che mi appassiona tantissimo, il prossimo anno uscirà la prima vinificazione».
Dario, forse saprai che la Pecciolese, dopo aver vinto il campionato di Promozione, rischia di non disputare l’Eccellenza. Hai mai pensato di dare una mano alla tua prima squadra?
«Alla Pecciolese tengo in modo particolare. Fino ad ora la priorità era il calcio giocato. Il fatto di dare una mano è relativo a quello che farò in futuro. Un occhio di riguardo, un pensiero, a dove sono partito ce l’avrò sempre».
Quale la partita che ricordi con più soddisfazione?
«L’esordio in A con il Lecce a Roma nel campionato 2000-2001 e Fiorentina-Liverpool in Champions».
Quale quella che vorresti non aver mai giocato?
Ce n’è una che vorrei rigiocare: Piacenza-Hellas Verona che sancì la retrocessione in B dell’Hellas a causa della classifica avulsa».
Quale attaccante ti ha creato più problemi?
«Ce ne sono stati tanti in questi diciannove anni. Se devo dirne uno dico Benzema molto giovane nel Lione».
Di gol non ne hai segnati molti. Ma ce n’è uno in particolare che non dimentichi?
«Essendo pochi li ricordo bene tutti. Quello che mi ha dato più soddisfazione è stato con la Fiorentina contro la Juventus. Ogni tanto anche mio figlio mi dice: ’Babbo, ma te hai fatto gol a Buffon...!’».
Salvataggi, al contrario, nei hai fatti tanti. Quale quello che ricordi più nitidamente?
«Campionato di A 2017-2018 con il Chievo. Bologna-Chievo, una delle ultime tre di campionato che dovevamo vincere per non retrocedere. Ricordo un salvataggio in area piccola con una lettura da dietro senza tipo tap in».
Su Wikipedia c’è scritto che hai una laurea honoris causa in costumi e usanze Urdu... Puoi spiegarci?
(Ride e pensa all’amico Gobbi, anche lui ex Fiorentina, ndr). «Non ho alcuna laurea honoris causa. Credo sia stato uno scherzo di un amico del calcio».
Cosa farai da ora in poi?
Penso di rimanere nel calcio perché sono venti anni che sono in questo mondo e la prima idea è di rimanerci. Ho avuto la fortuna di fare questo mestiere che era la mia passione e mi ha dato tante gratificazioni. Vorrei fare qualcos’altro che mi gratifichi. Comunque, ci siamo presi un mese di tempo...».
Ora, intanto, Dario Dainelli si gode i tre figli Ettore, 10 anni, che gioca a calcio nel Ponzano, Eva che ha 7 anni («che per il calcio non mi sembra molto portata», dice il padre) e il piccolo Edoardo di un anno e mezzo insieme alla moglie Rebecca Rocchini. Il futuro è ancora tutto da scrivere e chissà che non lo riporti a Firenze.