REDAZIONE PONTEDERA

La Deposizione di Rosso Fiorentino restaurata torna esposta in Pinacoteca a Volterra

Dopo un intervento di due anni realizzato grazie al sostegno di Friends of Florence

Deposizione dalla croce di Rosso Fiorentino

Volterra, 17 novembre 2023 – Risplende di nuovo la drammatica, sfolgorante Deposizione dalla Croce nella sala 11 della Pinacoteca civica di Volterra. Il capolavoro di Rosso Fiorentino, maestro del Manierismo che lo dipinse nel 1521 a 27 anni, è stato presentato giovedì al termine di un restauro delicato e complesso durato due anni, costato 150mila euro e finanziato dai mecenati della Fondazione Friends of Florence grazie alle donazioni di John e Kathe Dyson e della Alexandr Bodini Foundation.

Daniele Rossi ha curato il restauro della parte pittorica della grande tavola, due metri per tre e 40, Roberto Buda si è occupato del risanamento del supporto in legno di pioppo. La modalità in ‘cantiere aperto’ ha permesso in questi ultimi mesi di non sottrarre del tutto il quadro all’ammirazione dei visitatori.

Rossi, il momento più emozionante durante i due anni di lavori…

“Intervenire su questo capolavoro giorno dopo giorno ha significato compiere una ricerca introspettiva su come lavorava il Rosso al di là della singola pennellata. L’impatto forte c’è stato soprattutto all’inizio, al momento di rimuovere le vernici dei precedenti restauri e di studiare l’opera all’infrarosso”.

Cosa avete scoperto in particolare?

“La conferma dell’incredibile capacità di disegno di artisti come Rosso Fiorentino, prima di stendere il colore. E l’emergere di almeno un paio di misteri…”

Il primo?

“Sotto il manto della Vergine il pittore ha nascosto due braccia e due mani disegnate precedentemente, non è dato sapere perché lui o il committente hanno deciso questa modifica…”

Il secondo?

“Abbiamo ripulito anche gli appunti con l’inchiostro che Rosso aveva scritto in alcune parti dell’opera per ricordare quale colore usare. Tra questi, ad esempio ‘biffo’ che sta per il viola, è emerso un termine, coloso, dal significato oscuro”.

Cosa racconta ancora oggi una tavola come la Deposizione?

“Intanto la divergenza pittorica del Rosso dagli altri manieristi. Le sue prime composizioni non piacquero ai Medici signori di Firenze. I suoi personaggi sono spiritati, hanno mani come forbici, Rosso è un’agitazione che segmenta i colori, li spezzetta e li rimette a posto. La Deposizione venne commissionata dai religiosi della Compagnia della Croce di Notte, frati flagellanti che volevano che il dolore emergesse in maniera evidente. Le figure sono in movimento, prendono vita, i personaggi arrampicati sulla Croce sembrano operai, o pescatori. Ancora oggi è sconvolgente la figura del Cristo, con la bocca piegata dalla morte in quello che sembra addirittura un sorriso…Rosso Fiorentino inoltre traspone nella Deposizione figure di artisti che lui amava, come il personaggio che si sporge dalla Croce fino alla cornice, ripreso dai cartoni della Battaglia di Cascina di Michelangelo, o la Madonna che omaggia la Vergine della Trinità di Masaccio in Santa Maria Novella”.

Le maggiori difficoltà affrontate durante il restauro…

“La pulizia del manto di San Giovanni e di quello della Pia Donna, assai rovinati. Ma soprattutto la grande responsabilità di intervenire sul volto e la testa del Cristo, ad esempio abbiamo dovuto rifare l’occhio destro mancante già da tempo e ricostruito nel corso dei precedenti restauri. Abbiamo prestato la massima cautela ai ritocchi di colore al fine di ridare e rispettare l’equilibrio dell’opera”.

 

Un passo indietro: come nasce l’idea del restauro?

<Nel 2017 la Deposizione era stata esposta a Palazzo Strozzi nella grande mostra fiorentina sul Manierismo, assieme ai lavori col medesimo soggetto di Pontormo e Bronzino. In fase di smontaggio, ci siamo accorti delle sofferenze sia della tavola di legno che del colore. Gli interventi più recenti risalivano agli anni Settanta. Ho elaborato un progetto discutendo con l’allora soprintendente Andrea Muzzi, e per fortuna abbiamo trovato il sostegno dei Friends of Florence>.

Daniele Rossi, 65 anni, origini a Sangimignano ma ormai fiorentino, aveva già restaurato capolavori del Manierismo come la Visitazione di Carmignano e la Deposizione di Santa Felicita, a due passi dal Ponte Vecchio, entrambi del Pontormo, dipinti dove nel contrasto dei colori il pathos si esprime in maniera meno drammatica della Deposizione di Volterra dove _ scriveva lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan _ la composizione scarna e nervosa è tutta scatti, angoli, spigoli, punte…, con le espressioni dolenti dei volti esasperate come maschere tragiche… Volti _ commentava nel Cinquecento Giorgio Vasari, primo critico della Maniera _ dove il Rosso fa sfoggio di <arie crudeli e disperate>.

Il restauro della Deposizione è raccontato nei dettagli da un touch screen nella sala della Pinacoteca dove il capolavoro ha trovato nuova vita . <Mi sarebbe piaciuto _ confessa il restauratore _ che il quadro fosse stato esposto, anche solo per un mese, nella sua collocazione originaria, una cappella della chiesa di San Francesco per comprenderne ancora meglio il significato. Ma non è stato possibile>.

Rossi, quale è stata l’influenza della Deposizione nel prosieguo della storia dell’arte?

<Non so se maestri contemporanei come Pollock l’abbiano mai studiata. Di certo il Manierismo e il Rosso sono stati riscoperti nel Novecento e la loro attualità perdura. Basti pensare a D’Annunzio, che nel 1910 ambienta una scena del racconto Forse che sì, forse no proprio al cospetto della tavola di Volterra. Oppure a Pasolini, che dalla Deposizione riproduce un ‘tableau vivant’, un quadro vivente, per il suo film La Ricotta del 1963…>.

La Deposizione grida lo strazio, a supplizio compiuto prorompe di stupefatta angoscia: questo quadro le ispira una musica ?

<Certamente, appunto la colonna sonora de La Ricotta, ovvero la sinfonia della cantata profana Su le sponde del Tebro, di Alessandro Scarlatti>.

 

In tre anni di studio e lavoro sulla Deposizione, Rossi ha approfondito anche la conoscenza dell’uomo che fu Rosso Fiorentino, ovvero Giovan Battista di Jacopo di Gasparre, prestante ragazzone dal carattere esuberante, fulvo di capigliatura, valente musico e architetto, che per non smentire la fama di eccentrico era solito andare in giro con una bertuccia bella grossa. E sempre al Rosso rimanda il sogno che per adesso il restauratore tiene a maturare in un cassetto. <Ho già effettuato un sopralluogo a Fontainebleau _ rivela Daniele Rossi _ dove il Rosso morì e lavorò alla progettazione e alla decorazione del castello dei reali di Francia. Quei dipinti (gli originali del Rosso sono andati perduti, rimangono fantastiche, preziose opere di altri manieristi italiani e francesi, ndr) non vengono restaurati dagli anni Sessanta. Se il governo francese volesse chiamarmi, sono pronto…>.