Prato, 14 dicembre 2009 - Sbuca nelle case di 4 milioni di italiani tutti i giorni poco dopo l’ora di pranzo, passando attraverso l’etere e portando con sé turbamenti, guai, scandali, dolori e pure momenti felici di due famiglie immaginarie e inimmaginabili come quelle dei Grimani e dei Castelli. Centovetrine è la soap più amata dagli italiani, quasi nove anni di presenza ininterrotta sul tubo catodico e lei, Linda Collini da Prato, dalla puntata 1790, ne è diventata una presenza fissa. Ne è passato figurativamente di tempo da quando, chimica tintora come ama definirsi, tingeva stoffe al Macrolotto, colorando con la sua irruenza e la sua fantasia un ambiente tipicamente maschile qual è quello di una tintoria. Dai vapori della fabbrica ai riflettori di Centovetrine, passando per gli scaloni di Miss Italia. Meglio: partendo da viale della Repubblica, lato Istituto Buzzi, dove Linda si è diplomata qualche anno fa.
Mestiere insolito, per una donna, quello di chimico tintore...
«Mi intrigava l’idea del laboratorio, stare in mezzo a becher, cilindri e quant’altro».
Una specie di Cagliostro in itinere...
«In realtà la cosa che mi spinse verso il Buzzi fu anche il fatto che il diploma in chimica mi avrebbe dato l’opportunità di entrare subito nel mondo del lavoro».
Voglia di indipendenza?
«Prudenza. Non ero convinta che dopo il liceo avrei avuto ancora voglia di studiare all’Università».
La sua famiglia?
«Mio padre idraulico, la mamma fa la mamma».
Quindi, dopo il diploma subito in fabbrica...
«Entrai giovanissima alla tintoria Lux, tecnico chimico. Per due anni ho lavorato al Macrolotto».
La fabbrica non è un ambiente molto femminile...
«Ero l’unica donna in ufficio, tutti sono stati carinissimi con me. Un ambiente fantastico nel quale mi sono trovata benissimo».
La bellezza e la giovinezza l’hanno aiutata...
«Sicuramente prima di mandarmi a quel paese ci pensavano di più. Comunque sia, in fabbrica ho imparato molto».
Una palestra di vita?
«Quando sono venuta via ho detto al direttore: “Non so quanto ho imparato del mio lavoro, ma sicuramente ho avuto un’esperienza di vita”. La fabbrica ti forgia, ti dà disciplina, ti insegna il rispetto per il lavoro».
Lascia anche amicizie vere?
«Uno dei migliori amici che ho l’ho conosciuto lì dentro».
Però a un certo punto dalla fabbrica lei è scappata...
«Non sono scappata. E’ passato un treno, io ho aperto lo sportello e sono saltata su».
Il treno per lei si è chiamato “Concorso di Miss Italia”...
«E pensare che all’inizio l’ho fatto solo per passare un’estate diversa».
Un ’estate diversa?
«Sì. Le mie due sorelle, ogni volta che ci mettevamo davanti alla tv a vedere Miss Italia, mi dicevano: perché non ci provi anche tu?».
E lei che rispondeva?
«Dapprima dicevo che avevo da studiare, poi che avevo da lavorare in fabbrica».
Alla fine ha ceduto...
«Quell’anno avevo voglia di fare nuove esperienze, uscire dal tran tran dei miei canoni, degli orari sempre uguali: “Che male faccio se passo un’estate diversamente?”, mi dissi. E mi iscrissi al concorso».
I colleghi in fabbrica come la presero?
«In realtà all’inizio non lo seppero. Per non farmi beccare feci tutte le selezioni lontano da Prato».
Poi...
«Poi il caso ha voluto che arrivassi in finale. Così...».
Così non potè più schermirsi...
«Fui costretta a telefonare al direttore: “Non so se posso tornare dalle ferie, devo andare alla finale di Salsomaggiore”».
Lui la licenzio?
«Veramente mi sorrise: “Mimma, viviti questa esperienza e non ti preoccupare”».
Sesto posto e fascia di Miss Wella: capì subito che in fabbrica non sarebbe più tornata?
«Veramente ero frastornata, non capivo niente. Mi proposero di firmare un contratto, ma io nicchiai, avevo paura, anche perché per farlo avrei dovuto licenziarmi dalla tintoria».
Quando capì che la strada era segnata?
«Quando mi arrivò un sms di un mio collega. C’era scritto: “Mi sa che da domani non ti vedo più”. Lì realizzai che la mia vita sarebbe cambiata».
E cosa fece?
«Chiamai la mamma: “Dimmi che devo fare?”. E lei: “Linda, hai 21 anni, c’ è un treno che passa, prova a prenderlo e vediamo dove ti porta. L’importante è che non ti veda mai piangere per questo”».
Così lei aprì la maniglia e saltò su...
«Miss Italia ti dà la possibilità di entrare da una porta laterale nel mondo dello spettacolo. Poi le carte vanno giocate nella maniera giusta. Ammesso che uno le abbia, le carte».
Primo incarico: Pacchettina in “Affari tuoi” con Bonolis...
«Eravamo 21 ragazze e a me misero una quarta di reggiseno e i capelli lunghi. Mi tranquillizzai: così nessuno mi poteva riconoscere»
Però si è divertita....
«Soprattutto quando ho visto sui camerini la scritta pacchettine. Allora ho detto fra me: “Bene, da adesso ho anch’io una ina nel mio curriculum”».
In realtà il programma le è servito per pagarsi gli studi...
«Una anno di scuola di recitazione a Roma. Un anno duro».
Mai pensato di arrendersi e tornare a Prato?
«Molte volte mi sono chiesta se stavo facendo la cosa giusta».
Pensa davvero che si possa tornare in fabbrica dopo aver annusato il profumo dello spettacolo?
«E’ difficile rispondere. Credo che sarebbe una scelta difficile. Possibile solo se si hanno accanto le persone giuste che ti hanno insegnato i valori veri della vita. I miei genitori lo hanno fatto».
Comunque è arrivata la chiamata a “Centovetrine”. E, con questa, la popolarità...
«Ancora oggi a volte mi stupisco per strada. Entrando ogni giorno nelle case degli italiani, accadono cose curiose, quasi di sdoppiamento della personalità».
Ad esempio?
«Il mio personaggio di Cecilia Castelli una volta era su una sedia a rotelle per copione. Qualche giorno dopo per strada a Prato incontro una signora. Mi guarda e fa: “Sono contenta che ti sei rimessa in piedi così alla svelta”. Mia madre si volta verso di me con occhi preoccupati: “Perché, che ti è successo?”»
La confusione fra vita vera e vita di fiction...
«E’ come se uno va sempre al solito bar e poi incontra per caso lo stesso barista in palestra: ha una sensazione strana, di conoscere quella persona ma sotto un’altra forma. Credo che con le fiction accada così per la gente».
Qual è la cosa più piacevole della popolarità?
«Il calore delle persone. Per alcune, non so ancora bene perché, è importante quello che facciamo».
E la cosa più spiacevole?
«Che alcune persone vedono quello che fai e non quello che sei».
Il suo personaggio di Cecilia in “Centovetrine” mette l’amore davanti agli affari. Lo fa anche lei?
«Lo farei se ci fosse l’amore. Per adesso c’è solo il lavoro. Ergo...».
Il lavoro nello spettacolo: mai fatto compromessi?
«Con me stessa, tanti. Con gli altri, no».
Quali sono i compromessi che ha fatto con se stessa?
«Accettare di vivere lontano dai miei genitori, dai miei affetti, dai miei amici, è uno di questi».
Quanto contano le raccomandazioni nel suo lavoro?
«Contano tanto».
Più che in fabbrica?
«In realtà io credo che le raccomandazioni abbondino un po’ ovunque. Il punto è un altro».
Quale?
«Se vali poco, anche le raccomandazioni prima o poi valgono poco».
Lo crede davvero?
«Una persona molto vicina a me mi dice sempre: “Chi ha talento, magari fa un po’ più piano i primi 80 metri, ma gli ultimi 20 li fa volando. Chi ha solo raccomandazioni, corre i primi 80 metri, ma poi sei ferma”».
Lei segue la politica?
«Sì, non appartengo al fronte del qualunquismo».
Da quale parte politica sta?
«Le dispiace se lo tengo per me?».
Per carità. Ha comunque votato alle ultime elezioni per il sindaco di Prato...
«Sì, certo, mi piace dire la mia. Ma preferisco non rivelare per chi ho votato».
Pensa che chi fa spettacolo non debba esternare pubblicamente il proprio pensiero politico?
«Credo semplicemente che quando si è personaggi pubblici bisogna stare attenti a quello che si dice. Per questo preferisco tacere».
Qual è allora secondo lei il problema più grosso di questa città?
«Il centro storico. E’ bellissimo ma non lo stiamo rispettando».
E la dote migliore della città?
«Il carattere dei pratesi. Un misto di intelligenza e generosità che non può non inorgoglire».
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