Prato, 5 gennaio 2025 – Mentre le strade continuano a riempirsi di acqua e pozzanghere e i tombini a intasarsi appena piove un po’ più del dovuto, i cittadini si chiedono se il disastro avvenuto nella notte fra il 2 e il 3 novembre 2023 poteva essere evitato. Domanda da un milione di dollari. L’allarme poteva essere dato con più tempestività? Il territorio poteva essere curato e mantenuto in modo differente? Si potevano eseguire interventi agli argini dei fiumi in modo da contenere la furia dell’acqua causata da una pioggia ritenuta, giustamente, “eccezionale”? E soprattutto si potevano evitare i morti e la devastazione in case, aziende, campi, strade, ospedale?
Sono passati 14 mesi dall’alluvione che ha sconvolto Prato e la sua provincia ma le risposte non sono ancora arrivate e i responsabili non sono stati individuati, almeno per il momento. Sull’inchiesta aperta dalla procura all’indomani della tragedia vige il massimo riserbo.
Segnalazioni, esposti, una valanga di file acquisiti dagli investigatori (si parlò di 100.000 file) per tentare di mettere ordine ai fatti e capire se il disastro poteva essere evitato, o quantomeno “contenuto”. I cittadini attendono da oltre un anno di sapere dagli inquirenti che cosa è accaduto nella notte maledetta fra il 2 e il 3 novembre 2023 quando il Bisenzio e altri torrenti del reticolo minore sono esondati portandosi dietro distruzione, morte e fango. Ancora la procura non ha messo un punto fermo sulla vicenda. Si tratta di indagini complesse che richiedono studio e conoscenza del territorio per stabilire se ci sono state responsabilità umane nel disastro. Inizialmente la procura aprì tre fascicoli separati: uno per la morte di Alfio Ciolini (85 anni, annegato nel salotto di casa sua a Montemurlo allagato dopo l’esondazione del Bagnolo), uno per quella di Antonio Tumolo (82 anni, morto nella sua auto travolta dall’acqua e ritrovato dopo una settimana in un vivaio a Iolo), e uno in seguito agli esposti presentati dai cittadini che hanno riportato danni ai propri beni. Il fascicolo è stato poi riunito e affidato ai pubblici ministeri Alessia La Placa e Valentina Cosci con l’ipotesi di reato di omicidio colposo e disastro colposo. Da allora, però, ben poco si è saputo.
Il primo passo – dopo l’acquisizione del voluminoso materiale fra cui migliaia di video e foto – è stato affidare la perizia tecnica a quattro consulenti, diversi a seconda dei propri settori di competenza: idrogeologico, ideografico e di protezione civile. Il fascicolo fu aperto a carico di ignoti ma se qualcosa è cambiato nel frattempo non è stato chiarito.
Nel frattempo i cittadini continuano a chiedersi se esistono responsabili per i gravi danni subiti alle proprie case e aziende, o per la morte dei due anziani deceduti a causa dell’esondazione dei torrenti Bagnolo e Bardena. Qualcuno si aspettava una svolta per l’anniversario della tragedia,a novembre scorso, ma tutto tace.
Quello che è certo è che la procura ha fatto, nei mesi successivi all’alluvione, una serie di acquisizioni di materiali e documenti negli uffici della protezione civile dei Comuni di Prato e Montemurlo, al Consorzio di Bonifica, al Genio civile e al centro funzionale regionale di Pisa. La documentazione è vastissima e solo per visionare tutti i file ci sono voluti mesi. Fondamentali saranno i risultati della super perizia degli esperti che si è focalizzata sulla manutenzione, sul cambiamento dello stato dei luoghi e sulla comunicazioni dell’evento, come è stato richiesto nel quesito formulato dai pubblici ministeri. Uno dei punti focali dell’inchiesta è stato distinguere se la pioggia di quel giorno sia stata un “evento eccezionale e non prevedibile”. Le indagini mirano a stabilire quanto l’evento potesse essere “previsto o prevenuto” e se “è stato fatto tutto il possibile per evitarlo”. Legato al questo c’è il tema dell’allerta arancione diramata quel giorno: furono adottate tutte le precauzioni necessarie, attraverso i mezzi e i canali a disposizione, per informare i cittadini di quanto stava accadendo? Si attende ancora una risposta.