PRATO
L’ospedale Meyer ha il 120% di letti occupati e per capire cosa sta succedendo all’infanzia c’è anche un altro dato che dice tutto. Sta in questo raffronto: nel 2019 i reparti di pediatria degli ospedali dell’Asl Toscana Centro hanno fatto fronte a 50 ricoveri di bambini e adolescenti con disturbi psicopatologici, mentre nel 2021 quei ricoveri sono stati 150, ben tre volte tanto. Numeri che fotografano l’impatto che tre anni di pandemia stanno avendo su bambini e adolescenti. La rete di supporto dell’azienda sanitaria è oberata di richieste: gli accessi al pronto soccorso pediatrico sono più di quattro a settimana, percentuali mai conosciute prima. E i posti per una visita all’unità funzionale di Salute mentale adolescenza e infanzia, che ha sede al Centro Giovannini, sono esauriti anche per i casi con ricetta urgente, mentre le telefonate dei pediatri che chiedono assistenza sono talmente tante da non poter essere gestite dal Dipartimento. Disturbi dell’alimentazione, irritabilità, ansia, depressione e atti di autolesionismo: patologie serie, molto più frequenti di quanto anche i medici di lunga esperienza abbiano mai visto prima. "In 40 anni di carriera non avevo mai vissuto un periodo con così tanti casi seri", interviene Marco Armellini, neuropsichiatra infantile, direttore dell’Area salute mentale infanzia dell’Asl Toscana Centro. "In quest’ultimo periodo abbiamo ricoverato in terapia intensiva due adolescenti in fin di vita per anoressia. Due ragazze che fino a quel momento non avevano mai manifestato alcun problema alimentare". Il Dipartimento che si occupa di disturbi alimentari nell’infanzia e adolescenza nel 2017 aveva circa 400 richieste l’anno di intervento, oggi superano le 1500. E le continue ondate del virus sono come pugnalate per i giovani. "Appena sembra che la situazione sanitaria migliori, appena riprende la vita di tutti i giorni, ecco che arriva una nuova ondata a gettare nello sconforto ragazzi e famiglie", spiega Armellini. "A tre anni di distanza anche nei genitori si è alzato il livello di stanchezza, quindi di intolleranza. La speranza di miglioramento si infrange su contagi che riprendono a salire e questo ha un effetto devastante".
Se nella prima ondata sono stati gli adolescenti i più colpiti, adesso a soffrire maggiormente sono i più piccoli ai quali mancano la scuola, gli amici e la routine. Secondo Armellini è necessario ridare fiato alla scuola, insistere sulle vaccinazioni anche dei piccolissimi, aumentare l’offerta didattica con attività collaterali come teatro o musica, creare incontri tra pari: significa portare testimonianze di ragazzi che hanno affrontato esperienze diverse e difficili legate al Covid e ne sono usciti per condividere un messaggio, e favorire l’incontro tra generazion. Così da motivare i più grandi e spronare i più piccoli.
Silvia Bini