Prato, 31 marzo 2023 – Sette persone sono state rinviate a giudizio con l’accusa di omicidio colposo aggravato per la morte di Sofia Bernkopf, la 12enne di Parma morta il 17 luglio 2019 all’Opa di Massa quattro giorni dopo l’incidente in una piscina del bagno “Texas“ di Marina di Pietrasanta. A causa dei capelli rimasti impigliati nel bocchettone di aspirazione non riuscì a risalire in superficie e andò in arresto cardiaco, rendendo vani i tentativi di salvarla viste le gravissime condizioni in cui arrivò in ospedale. La richiesta di rinvio a giudizio era stata notificata il 18 marzo dal pm Salvatore Giannino al gup Alessandro Trinci, il quale ieri al Tribunale di Lucca l’ha accolta disponendo il processo per i sette indagati.
Si tratta dei quattro proprietari del “Texas“, ossia Simonetta ed Elisabetta Cafissi con i mariti Giampiero Livi e Mario Marchi, tutti residenti a Prato, i bagnini Emanuele Fulceri di Viareggio e Thomas Bianchi di Camaiore, e il costruttore della piscina Enrico Lenzi, domiciliato a Massa e Cozzile (Pt). Lunghissima la lista delle contestazioni mosse all’indirizzo degli imputati, a partire dall’assenza di un defibrillatore – poi prestato da uno stabilimento limitrofo – e la lontananza del personale di salvataggio rispetto alla postazione di sorveglianza. Non a caso il pm Giannino aveva parlato di "
negligenza, imprudenza, imperizia e con violazione delle norme di sicurezza" , alludendo sia all’omissione della vigilanza sia all’assenza di controlli su tutti i componenti dell’impianto, incluso il non funzionamento del telecomando che consente di bloccare a distanza l’idromassaggio, profondo appena 80 centimetri.Partendo dai bagnini, Bianchi (apprendista) è accusato di non aver impedito l’incidente essendosi allontanato dalla postazione, e Fulceri (tutor) di non aver fornito a Bianchi le conoscenze necessarie per esercitare l’attività di bagnino, non averlo affiancato e non aver garantito il corretto funzionamento dell’impianto. Lenzi, come fornitore e installatore della piscina idromassaggio, è accusato di non aver rispettato né i requisiti richiesti in merito al test di intrappolamento dei capelli né i principi di prevenzione. I proprietari, infine, di non aver nominato un responsabile agli impianti tecnologici e di non aver garantito i requisiti richiesti dalle norme, cosa che avrebbe consentito di scongiurare la tragedia. Prima udienza il 20 ottobre.