
Luca Boldrini
Prato, 19 dicembre 2015 - Torna alla ribalta un tema che da anni agita i sonni di molti piccoli e grandi proprietari immobiliari, cioè di chi ha affittato - in particolar modo a inquilini cinesi - un fondo commerciale, un appartamento o perfino un capannone artigianale o industriale. Questione della quale si riparla in queste ore a Prato, dopo il sequestro di un immobile dove erano stati realizzati degli abusi edilizi. In questo caso la notizia non è il sequestro in sé: nella città laniera, negli ultimi anni, sono centinaia e centinaia i provvedimenti del genere adottati dalla polizia municipale. Questa volta la curiosità, se così si può dire, riguarda la proprietà del capannone, riconducibile alla famiglia Rocchi: Rossano è un noto e importante funzionario del Comune, il figlio Lorenzo è capogruppo del Pd in consiglio comunale.
La questione però non è politica. Certo, a nessuno sfugge l'imbarazzo che può insorgere in questa situazione. Ma questo ragionamento non riguarda le opportunità politiche, riguardo alle quali ognuno può trarre le conclusioni che preferisce. Il punto è piuttosto giuridico: quante e quali responsabilità hanno i proprietari che affittano se gli inquilini commettono un abuso edilizio? In questo dibattito, negli anni, si è sono create due fazioni. Una, mediaticamente più rumorosa, sostiene che si debba far ricadere su di loro la colpa di quello che fanno gli inquilini, soprattutto se si affitta a un cinese. Sembra, questa, una conclusione insostenibile per almeno due ragioni.
La prima: se in questo Paese vige ancora un principio che si chiama presunzione di innocenza, come si può pensare che quell'inquilino "sicuramente" commetterà degli abusi edilizi? Un ragionamento che sfiora il razzismo, anche se alimentato dalla realtà dei fatti, e cioè che una grandissima parte delle aziende cinesi di Prato affitta immobili dove poi ignora le norme di sicurezza e realizza divisori in cartongesso per far vivere abusivamente i lavoratori all'interno degli opifici. Ma non si può dare per scontato che sarà così.
Punto secondo: sembra quasi che si voglia scaricare sul proprietario dell'immobile (che, si badi bene, almeno in realtà come Prato è più probabilmente un ex piccolo imprenditore che ha chiuso la ditta o un privtao che lo ha avuto in eredità familiare, più che una grande immobiliare) la difficoltà nel fare controlli e far pagare i responsabili, che magari approfittano delle lungaggini giudiziarie italiane per sparire nel nulla prima che venga loro presentato il conto. Il "padrone di casa", invece, è sempre raggiungibile. Ma i precedenti sanciti nelle aule giudiziarie dicono che il proprietario assolve il suo dovere di buon cittadino una volta siglato un regolare contratto di affitto. Non è affar suo, e d'altra parte non avrebbe i poteri per farlo, quello che fa l'inquilino: non è, insomma, un detective. A meno che, ovviamente, non ci sia la prova di un suo concorso nel reato, e cioè che fosse a conoscenza o abbia addirittura agevolato la realizzazione degli abusi edilizi.
Nel 2011 un noto ristoratore del centro cittadino pratese fu portato in tribunale per questo e fu assolto; l'anno dopo toccò a un famoso ex imprenditore tessile seguire la stessa strada. Insomma, politica a parte: tocca allo Stato e alle sue diramazioni locali trovare e punire i responsabili degli abusi edilizi, non si può chiedere al proprietario dei muri di diventare un agente di polizia municipale ad honorem.