
La porzione della. Fattoria medicea crollata una decina di giorni fa Foto Attalmi
"Anche se la Fattoria Medicea è di proprietà privata, è un pezzo di storia che va difeso. Non è possibile lasciarlo crollare in quel modo". Maria Rita Cecchini, membro del direttivo di Legambiente Prato, ed ex presidente, è intervenuta, dopo essersi consultata con il presidente Giacomo Agabio, in seguito alla notizia del crollo di una casa appoggiata a una delle quattro torri nel complesso rinascimentale della Fattoria Medicea. Un gioiello di arte e storia, voluto da Lorenzo dei Medici, unico nel suo genere in Toscana e rimasto intatto per cinque secoli prima che nel 2004 fosse approvato un progetto per la riqualificazione e riconversione dell’edificio in case di lusso. L’iter fu interrotto dopo l’esposto presentato da Legambiente Prato e Italia Nostra che ha portato a un lungo procedimento giudiziario finito con la condanna dell’ex amministratore della società, che aveva proposto la lottizzazione, per danneggiamento di patrimonio storico e artistico.
"Dopo la notizia del crollo la sindaca ha spiegato che c’è un progetto per allagare di nuovo i canali ma non c’entra nulla con la Fattoria – spiega Cecchini –, mi sembra un argomento secondario. L’edificio è circondato da un fossato ma il progetto riguarda ciò che sta attorno alla Fattoria. Mentre si parla dei canali, la struttura cade a pezzi".
L’edificio è rimasto così come era dal lontano 2005 quando i lavori per la ristrutturazione furono bloccati dal tribunale e la Fattoria posta sotto sequestro. Sono passati venti anni ma nessuno si è preso la briga di mettere in sicurezza l’edificio in attesa che il nuovo progetto per la riqualificazione, proposto dal proprietario Marco Ciottoli, venga approvato. Da quando è stato scoperto il crollo, più di una settimana fa, nessuno si è interessato per andare a verificare quello che successo.
"E’ la proprietà che deve mettere in sicurezza il bene – dice Cecchini – In seconda battuta può intervenire la Soprintendenza che si accolla le spese per la messa in sicurezza e poi può rifarsi sul proprietario. Sono opere piuttosto importanti, che costano soldi. Non so se la Soprintendenza ha queste disponibilità. E’ un bene che è diretto da un organismo che sta in un altro luogo rispetto al territorio. Purtroppo nessuno se ne occupa".
Legambiente si era già fatta avanti per chiedere che l’edificio venisse messo in sicurezza ma all’epoca non c’era un proprietario, c’era il fallimento in corso. Nel 2018 sembrava che la situazione si fosse sbloccata: Ciottoli acquistò il bene dalla curatela fallimentare a un prezzo irrisorio, un milione e 600 euro.
"Ha detto che l’ha comprato per ’amore’ della città ma sono scettica – prosegue Cecchini – Sono circa 8.000 mq, vuol dire che lo ha preso per 200 euro al mq. Anche se ci mettesse sopra un investimento poderoso per quanto riguarda il restauro, ci sarebbe un margine pazzesco". Il progetto presentato dagli architetti di Ciottoli è fermo in Comune anche perché sono tanti gli enti coinvolti nella decisione: Comune, Provincia, Regione, Genio civile. Il Comune ha spiegato che sarà convocata la conferenza dei servizi per mettere tutti seduti a un tavolo e velocizzare i tempi ma quando sono state chieste le integrazioni al progetto, la proprietà ci ha messo otto mesi per presentarle. "L’approvazione del progetto va per le lunghe perché all’inizio sono state chieste cose impossibili. C’è un rimpallo di competenze, ognuno dovrebbe prendersi le sue responsabilità. Noi facemmo la prima denuncia ma i risultati non sono stati soddisfacenti. E’ stata un’esperienza finita male e adesso non abbiamo la forza economica per una seconda azione legale", conclude Cecchini.
Laura Natoli