REDAZIONE PRATO

Centro La Nara, i dati e le storie: "Ora anche i figli chiedono aiuto. Decisivo il lavoro nelle scuole"

La coordinatrice Ranaldi: "Hanno assistito alle violenze e trovano il coraggio di venire da noi . Ma il 56% delle donne subisce persecuzioni e ricatti anche se non vive più con l’ex compagno". .

Francesca Ranaldi, coordinatrice de La Nara fa il punto della situazione sul territorio pratese. "Il 70% delle donne che si rivolgono a noi sono italiane – spiega –, il restante 30% è di nazionalità straniera. Le richieste di aiuto riguardano tutte le etnie. Assenti le donne cinesi. C’è stata una cinese arrivata a noi direttamente dal pronto soccorso dell’ospedale, vittima di una crudeltà fisica orribile. L’abbiamo aiutata psicologicamente e in un percorso lavorativo, ma poi, ha dovuto lasciare Prato. Le donne straniere se rompono con il loro compagno, spezzano il legame con un’intera comunità, per questo hanno difficoltà a rivolgersi a noi". Dal report annuale de La Nara emerge in modo allarmante che nonostante la fine di una relazione la violenza tiene in affanno chi ha scelto di uscirne. "Il 56% delle donne che accedono al Centro non vive più con l’autore delle violenze, ma continua a subire persecuzioni e ricatti che riguardano i figli – sottolinea Ranaldi –. Spesso è stata proprio la necessità di proteggere i figli a fare trovare la forza di dire basta. Figli che hanno assistito alla violenza o che ne sono state vittime, magari nel tentativo di frapporsi fisicamente ai padri". Quest’anno i figli delle donne accolti al Centro sono 426, il 68% è minorenne. Sono anche figlie e figli a bussare al Centro. "Nelle scuole svolgiamo un’intensa attività di prevenzione che sta dando frutti – aggiunge la coordinatrice –. Prevalentemente le donne che si rivolgono a noi sono quelle della fascia d’età tra i 40 e i 49 anni, ma sono in aumento le giovani preoccupate da relazioni nelle quali c’è un controllo maschile. Dai banchi di scuola, poi, arrivano maschi e femmine che accompagnano al Centro le madri. Stanno imparando a riconoscere i segnali della violenza che si consumano tra le mura domestiche". Questi comportamenti fanno sperare. Sta crescendo, seppure lentamente, una nuova consapevolezza. "Confido che il dire no alla violenza potrà contare su un’interruzione generazionale – conclude Ranaldi –. Una telefonata al Centro, allo 0574 34472. Noi ci siamo. Rompere il silenzio e l’isolamento è difficilissimo. Troppe donne non hanno un reddito fisso, dispongono di un lavoro precario o sono dipendenti economicamente dal partner. Si rinasce ritrovando stima di se stesse e contando su proprie risorse economiche".

Marilena Chiti