
Cosimo Zecchi
A quasi un anno dalle amministrative 2024, a Prato la domanda circola insistente tra gli addetti ai lavori e non solo: dov’è finita l’opposizione? Il dibattito sollevato da La Nazione pone un interrogativo che fa da sfondo a una stagione in cui le formazioni di centrodestra sembrano ancora intrappolate nella lunga coda della sconfitta elettorale. Nessun progetto unitario, critiche sporadiche, proteste isolate: così appare l’opposozine più che come una coalizione, come un arcipelago di individui.
Cosimo Zecchi, consigliere comunale e esponente nazionale di Fratelli d’Italia, difende il lavoro fatto all’interno del consiglio: "Se si guardano atti presentati e attività, l’opposizione c’è eccome: molti consigli comunali sono interamente dedicati ai nostri atti". Ma ammette anche il punto debole: "Manca una presenza forte sul territorio e una comunicazione incisiva. Così si genera l’assurdo: a livello nazionale governiamo, ma a livello locale sembriamo assenti".
Zecchi mette il dito nella piaga: "I numeri delle urne parlano chiaro. Giorgia Meloni piace, ma non basta a vincere a Prato. Bisogna tornare a costruire un rapporto con la base, come fece Roberto Cenni anni fa: c’era un popolo di centrodestra attivo, oggi non c’è più. Undici persone, i consiglieri, seppur capaci, rimangono 11 persone".
È proprio il concetto di movimento politico risuona anche nelle parole di Leonardo Soldi, consigliere della lista civica che ha sostenuto Gianni Cenni sindaco. "La responsabilità della lista civica è piena, ma diversa da quella di un partito", spiega. "I partiti devono decidere quale futuro vogliono per la coalizione. Serve un lavoro profondo sul territorio". Soldi non si limita alla diagnosi: "Non basta essere presenti in consiglio comunale. L’opposizione vera si costruisce fuori, creando un movimento che dia continuità, che stabilizzi una coalizione altrimenti soggetta a consensi variabili. Se vogliamo essere una proposta credibile per Prato, dobbiamo lavorare ora, all’esterno, tra la gente altrimenti ogni cinque anni ripartiamo da zero".
Un’urgenza condivisa anche da altre voci storiche del centrodestra pratese, come Rita Pieri, che ha scelto di allontanarsi dal partito con cui ha condiviso trent’anni di militanza, denunciando una mancanza di spazio per il dibattito interno. Per alcuni, il problema non è solo la sconfitta elettorale, ma l’incapacità di elaborare una visione comune. Il centrodestra pratese, dunque, vive una stagione di transizione difficile: diviso, frammentato, incapace (per ora) di essere alternativa credibile a un centrosinistra che, nonostante le sue difficoltà amministrative, gode di stabilità politica. L’assenza di un "tavolo congiunto", che metta insieme tutte le anime della coalizione, pesa. Il rischio evidente è che l’opposizione si riduca a un esercizio di comunicati e interpellanze, senza riuscire a intercettare il malcontento crescente di una parte della città che vorrebbe risposte nuove ai problemi cronici: sicurezza, degrado, gestione del territorio, crescita economica.
"Il dibattito interno è l’unica strada per crescere - ribadisce Zecchi -. Ma bisogna volerlo davvero, e capire che il centrodestra deve imparare a parlarsi e a lavorare in squadra, se vuole tornare competitivo".
Il centrodestra è chiamato a una scelta: continuare a sopravvivere nella frammentazione o ricostruirsi come forza capace di ambire alla guida della città. Il tempo, però, non è infinito.
Silvia Bini