Nuovo incontro tra il Comune e i sindacati: il tema cruciale è quello del personale scolastico. Sono giorni caldi per la definizione degli organici e Prato non può rischiare di perdere docenti e collaboratori scolastici. Il rischio è quello di non riuscire ad aprire plessi a settembre. La preoccupazione è tanta e la città con il più alto numero di alunni stranieri per classi non può rischiare di perdere risorse.
"Il personale statale non può diminuire, la nostra provincia non può permetterselo - commenta l’assessore all’istruzione Ilaria Santi -. Abbiamo ogni anno a che fare con un aumento delle iscrizioni a settembre perché molte famiglie arrivano fuori dai termini". Il problema è di facile comprensione: il ministero e quindi l’Ufficio scolastico assegna il contingente sulla base degli iscritti, ma Prato fa eccezione con circa 300 studenti che arrivano ad anno iniziato e con una larga percentuale di famiglie che iscrivono i bambini a settembre. Alunni che vanno accolti, ma per i quali servono risorse. "è statistico ormai - aggiunge santi - La nostra realtà con tante etnie presenti e con un alto flusso migratorio ha questa peculiarità che le istituzioni regionali e nazionali non possono non tenere in considerazione. Il rischio è che alcuni plessi non riescano ad aprire per mancanza di personale ata". Comune e sindacati chiedono che siano mantenuti i numeri dell’organico di diritto e che sia potenziato rispetto allo scorso anno, l’organico di fatto quando fu concesso a Prato una sola persona in più oltre ad un part time.
Sono giorni caldi per il destino delle classi: entro maggio sarà definito il contingente che andrà ad insegnare agli alunni pratesi e anche quello dei collaboratori scolastici che sorveglierà sulla sicurezza. Il rischio, è che a fronte di un leggero calo delle iscrizioni (e solo in alcuni plessi), Prato debba fare a meno di personale docente e ata, ma una realtà come questa non può permetterselo soprattutto alla luce dei circa 250 tra bambini e ragazzi che ogni anno vengono accolti della scuole della provincia. Figli di migranti, di lavoratori che arrivano in città a metà anno scolastico e che devono frequentare la scuola dell’obbligo.
Silvia Bini