Prato, 17 settembre 2020 - Quando cominciò a circolare la voce di un "virus cinese", che presto si sarebbe scoperto essere mondiale e privo di passaporto, era gennaio. Tutti pensarono: se il coronavirus entrasse nella comunità orientale di Prato - la più grande d'Italia, una delle più grandi d'Europa - sarebbe un disastro. E tutti davano per scontato che sarebbe successo. Invece una strategia difensiva estrema e particolarmente tempestiva aveva dato i suoi frutti: in tanti mesi il Covid non aveva varcato Porta Pistoiese, sembrava essersi creata una bolla sanitaria inaspettata. Ma i virus sono subdoli e implacabili e dopo tutti questi mesi di assedio alla fine i bastioni hanno ceduto. Per adesso si tratta solo di qualche fessura, ma l'escalation è rapida e impetuosa e il timore che i bastioni possano crollare c'è.
A Prato ieri si sono registrati 19 casi e metà di questi è riconducibile a un uomo o a una donna cinese. Una situazione inedita, finora. C'è anche un bambino orientale di un anno e mezzo tra i nuovi positivi. Due cinesi sono etichettati come contagi familiari, altri due come contatto di altri positivi. La buona notizia è che gli altri casi sarebbero isolati: nessun cluster. Ma per precauzione molti genitori continuano a non mandare i loro figli a scuola.
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Nel frattempo le chat più usate nella comunità cinese - in zona via Pistoiese WeChat è più popolare del TG1 - è rimbalzato l'allarme riguardo a un imprenditore di 44 anni molto noto nel settore tessile che è risultato positivo e ha avvisato i connazionali sullo stesso social network, invitandoli a fare il tampone. E' scattato così l'assalto a un laboratorio di analisi - il Synlab di via Botticelli - per richiedere il tampone. "In effetti molti dei tamponi positivi di cittadini cinesi sono arrivati proprio da Synlab", conferma Renzo Berti, responsabile del dipartimento di prevenzione dell’Asl. "Non è una cosa strana quella che sta accadendo, semmai era strano quando nessun cinese risultava contagiato. Nessuno è invincibile. E’ probabile che prima non si venisse a sapere e che i cinesi usassero altre vie, come spesso fanno trattandosi di una comunità molto chiusa. Al momento i dati dei contagi non sono allarmanti ma è una situazione da monitorare. Ho avvertito il consolato di questa novità, anche per i pochi casi emersi nei giorni scorsi. E’ comunque un fatto positivo che emergano queste situazioni perché così è più facile tenerle sotto controllo. Fra l’altro non è neppure facile svolgere un’indagine epidemiologica perché gli orientali sono molto chiusi. I contagiati sono persone giovani: a parte il bambino di un anno, hanno tutti fra i 20 e i 45 anni. Spero che con loro il dialogo sia più facile".
Luca Boldrini-Laura Natoli