Corteggio "aperto": la città si divide: "Idea da sviluppare, ma non basta"

La proposta del vescovo di coinvolgere di più le comunità straniere non dispiace. "I militari? Servono"

"Considero l’integrazione lo strumento per superare queste situazioni di tensione, senza necessariamente passare da una militarizzazione di Prato. E perché non provare a rivedere la nostra festa dell’8 settembre? Dopo il corteggio storico svolto nella maniera tradizionale si potrebbe dare, dopo cena, la possibilità di sfilare alle comunità etniche". La proposta del vescovo Giovanni Nerbini ha creato dibattito in città. Inevitabile quando si parla di due argomenti come il corteggio storico, tanto caro ai pratesi, e il rapporto con gli stranieri. Una convivenza particolarmente complicata in alcune zone della città, partire dal centro storico.

L’idea di monsignor Nerbini, lanciata in un’intervista al nostro quotidiano dopo l’accoltellamento in piazza Duomo avvenuto domenica, a qualcuno piace. Qualcun altro invece, prima di giudicare, vorrebbe capirne le modalità d’attuazione, mentre altri non sono affatto d’accordo. Insomma, la città è divisa. "Per quanto mi riguarda, credo che sia una proposta assolutamente valida – è il parere dell’edicolante di piazza del Duomo, Tiziana Massara – E’ necessaria una maggiore integrazione e organizzare l’8 settembre un evento collaterale per gli stranieri potrebbe essere un segnale importante. In città del resto abbondano gli episodi di violenza, ma non mancano nemmeno quelli di razzismo: ne è capitato uno proprio qualche giorno fa davanti ai miei occhi, quando un uomo in piazza del Duomo ha rivolto una frase discriminatoria nei confronti di due bambini africani che giocavano a pallone". Sulla stessa falsariga il commento di Lorenzo Sanesi, residente in via Muzzi: "Secondo me la concessione di uno spazio durante il corteggio storico alle varie comunità straniere significherebbe essere al passo coi tempi. Quindi sì, sono favorevole. Per il resto è ovvio che ci si debba muovere verso un’integrazione degli stranieri che arrivano in città. Ciò però non toglie che ci sia bisogno anche di maggiori controlli da parte delle forze dell’ordine".

Diversi cittadini, a questo proposito, sottolineano come i "delinquenti debbano essere trattati come tali. Per integrare un individuo in una comunità, bisogna che questa persona sia disposta ad essere integrata, mostrando rispetto verso i costumi e le tradizioni del paese ospitante. Ma chi viaggia con un machete in mano, chi spaccia o chi commette altri crimini, non vuole essere integrato. Questo è piuttosto evidente".

Tornando strettamente a discutere delle proposte del vescovo Nerbini, qualcuno vuole capirne di più. "Può essere una buona cosa – afferma Giovanni Cioppi, titolare di un negozio in via Magnolfi – ma dovremmo conoscere tutti i dettagli dell’organizzazione prima di esprimere un giudizio definitivo. Sulla mancata militarizzazione della città invece sono in disaccordo. Per me sarebbe fondamentale una presenza fissa dei militari fra via Magnolfi e piazza del Duomo, dove purtroppo mancano controlli costanti che quantomeno scoraggino i malintenzionati".

Infine, secondo Bruno Gualtieri, presidente del Comitato di via Pistoiese Macrolotto Zero per la tutela del territorio, "non può bastare una singola manifestazione per raggiungere un obiettivo tanto ambizioso come l’integrazione. E in più, c’è il forte rischio di far arrabbiare molti: l’8 settembre è una festa dell’identità pratese. Ci sono tantissime altre occasioni a disposizione per indire una giornata dedicata all’integrazione". Infine il giovane Simone Mariotti dice: "Quella del vescovo è un’iniziativa interessante che può fare solo del bene. Può essere un’idea rilevante e utile a mandare un messaggio a quelle persone che tendono a fare di tutta l’erba un fascio"

Francesco Bocchini