REDAZIONE PRATO

Da qui 152 nei campi di sterminio. E solo 24 fecero ritorno a casa

La maggior parte delle deportazioni dopo gli scioperi del marzo ’44: le ritorsioni furono drammatiche. Gli arresti per le strade e nelle fabbriche, come il lanificio Lucchesi o la Campolmi. Poi Mauthausen.

Giovani in visita al Museo della deportazione di Figline

Giovani in visita al Museo della deportazione di Figline

Anche tanti lavoratori pratesi parteciparano al grande sciopero generale del 7 marzo 1944, con l’Italia centro-settentrionale in piena occupazione nazista. Fu proclamato dal Comitato di liberazione nazionale per far cessare il trasferimento di manodopera per il lavoro coatto in Germania, per opporsi allo sfruttamento degli impianti produttivi a favore dell’industria bellica del Terzo Reich e impedire lo smontaggio dei macchinari nelle fabbriche da parte dei tedeschi, iniziato anche qui. Per chiedere pane, pace, lavoro e libertà. La repressione tedesca fu estremamente dura, con il supporto delle milizie fasciste: i rastrellamenti indiscriminati provocarono l’arresto degli operai che avevano scioperato ma in certi casi anche di coloro che non avevano a che fare con la protesta. Secondo i dati pubblicati dal Museo di Figline a Prato furono deportate nei campi di concentramento nazisti in tutto 152 persone, in gran parte in seguito a quegli scioperi. Solo 24 riuscirono a tornare a casa.

Anche a Prato il 7 marzo 1944, sulle rovine di un violentissimo bombardamento alleato, cominciò la caccia all’uomo. La retata durò per tutto il pomeriggio e la sera: gli arrestati furono radunati in Castello, sede della guardia nazionale. E continuò il giorno dopo in alcune fabbriche, per catturare chi era tornato al lavoro dopo lo sciopero: tra queste il lanificio Lucchesi e la rifinizione Campolmi, oggi sede della biblioteca Lazzerini e del Museo del Tessuto.

Gli arrestati furono trasferiti alle Scuole Leopoldine di Firenze, centro di raccolta regionale: alcuni furono rilasciati, ma la maggioranza nel pomeriggio dell’8 marzo fu portata alla stazione di Santa Maria Novella, rinchiusa in carri bestiame sigillati e avviata verso la Germania. Il treno arrivò a Mauthausen l’11 marzo. La neve era alta, violente le bastonate delle SS, le umiliazioni, le torture. L’inferno era iniziato. A fine marzo, la gran parte dei pratesi fu trasferita al sottocampo di Ebensee, che era ancora in costruzione; altri rimasero al campo madre di Mauthausen, altri ancora furono spostati nei campi di Gusen, Bad Goisern e Linz o al centro di "eutanasia" di Hartheim. Molte famiglie pratesi attesero invano, per mesi, il ritorno dei propri cari, uccisi tra gli orrori dei campi di concentramento.