REDAZIONE PRATO

Dal colpo di genio di Fratini al crac del 2020 Rifle all’asta: chi vuole il marchio dei jeans?

Iniziò tutto a Prato con Giulio che comprava i vestiti usati dei soldati Usa e li rivendeva come stracci. Poi la crescita senza più ostacoli

Prima, nel 2020, il fallimento della storica azienda dell’abbigliamento denim e casual fondata a Prato nel primo dopoguerra, spostata a Barberino del Mugello dopo una decina di anni.

Poi nel giugno 2021 il crac della Holding ’G.Brand Spa’ che controllava l’azienda. Ma Rifle, il glorioso marchio del denim e del casual italiano che impallinò anche i Levi’s, è destinato a vivere. Giovedì 17 marzo alle 12 nell’ufficio del giudice delegato Rosa Selvarolo, della sezione fallimentare di Firenze, presenti il curatore del fallimento Riccardo Cipriani e un cancelliere, si terrà la vendita (a procedura competitiva) del ’portafoglio marchi Rifle’. Chi vorrà partecipare all’asta dovrà presentare offerta in busta chiusa e sigillata alla cancelleria fallimentare del Tribunale di Firenze entro e non oltre le 12 del giorno pche precede la gara. Il curatore intende raccogliere offerte irrevocabili di acquisizione. Prezzo base: 4.098.360,66. Gli è già prevenuta una offerta irrevocabile di acquisto per questo importo. Se ne arriveranno altre, superiori, ci sarà l’aggiudicazione provvisoria. In caso di gara si procederà con gli aumenti minimi fissati in 50.000 euro. Alla vendita del marchio si è arrivati dopo il tentativo, a partire dal settembre 2017, da parte dell’ultimo gruppo dirigente e societario operativo, di attrarre capitali, fare investimenti, entrare in nuovi mercati. Non è andata. Rifle ha significato per alcuni decenni l’orgoglio del made in Italy, fatto in Italia per davvero. Cominciò tutto con Giulio Fratini, il campigiano: comprava a peso i vestiti usati dei soldati Usa e li rivendeva come stracci a Prato. E’ così che scoprì quella tela apparentemente ruvida, così lontana dallo stile italiano. Ma era dannatamente comoda e multiuso. Fratini fiutò l’affare, col fratello andò negli Usa, ancora in nave e si fiondò a Greensboro dove veniva prodotto il denim che lui era fermamente intenzionato a importare. E nel ’49 i due fratelli Fratini fondarono l’azienda a Prato. Primo nome: Confezioni Fratini. Dieci anni più tardi il trasferimento della sede a Barberino di Mugello. Nel ’58 il nome diventato un marchio: Rifle. Significa fucile. A Barberino (fine anni ’60) c’erano 600 dipendenti e 6 catene di produzione. La Rifle era una grande fabbrica. Nuova denominazione Super Rifle spa. Negli anni ’90 dalla fabbrica uscivano 10 milioni di jeans all’anno, cuciti dalle operaie con le famose vestaglie blu e diretti in Svizzera, Regno Unito, Israele e Paesi Bassi ma anche nell’est Europa fino alla Russia. Nei primi anni del Duemila il management dell’azienda tentò il rilancio di marchi italiani decaduti in paesi terzi, ed iniziò anche l’apertura di punti vendita dedicati negli outlet. Ma le difficoltà non furono superate.

Nel 2012 l’azienda fatturò 34 milioni di euro ma con 7 milioni di perdita e un indebitamento salito fino a 15 milioni. Si rese quindi necessaria la liquidazione della società e la creazione di una nuova azienda: la Rifle srl. La nuova società, controllata sempre dalla famiglia Fratini, riassorbì il 50% del personale impiegato a Barberino e altri dipendenti, in totale 152. Per recuperare sul mercato Rifle fece un restyling del logo. Guida affidata alla terza generazione dei Fratini. Il 1 ottobre del 2020 il fallimento, l’esercizio provvisorio, fino alla liquidazione (febbraio 2021) di ben 70mila pezzi a prezzi stracciati, pochi euro ad articolo.

Giovanni Spano