"Chiediamo una contrattazione integrativa aziendale, considerando che l’azienda ha mostrato di non voler contrattare. Chiediamo una retribuzione commisurata al nostro lavoro, che ci richiede peraltro una flessibilià massima. E chiediamo una stabilizzazione di base oraria che consenta una vita dignitosa: non siamo più i ragazzini di quando siamo stati assunti. Tra noi c’è ancora chi ha lo stesso contratto di quando venne assunto da giovane, ormai vent’anni fa". Antonella Carcera, sindacalista Filcams Cgil e rappresentante dei lavoratori del punto vendita Decathlon di via delle Pleiadi, ha così illustrato le rivendicazioni e le motivazioni che hanno portato allo sciopero di ieri. Circa venti lavoratori, rappresentanti da Filcams Cgil e Fisascat Cisl, hanno scioperato a poche decine di metri dall’ingresso del negozio, con tanto di striscioni in bella mostra. Con loro c’erano anche rappresentanti dei lavoratori dei punti vendita di Colle Val d’Elsa e Lastra a Signa, trattandosi di una protesta su base nazionale contro la società francese accusata di aver abbandonato ormai da tempo il tavolo delle trattative. Filcams Cgil, Fisascat Cisl, insieme a Uiltucs – hanno infatti proclamato in tutta Italia un nuovo pacchetto di 32 ore di astensione dal lavoro, articolato in 24 ore da gestire a livello territoriale e 8 ore a livello nazionale. A ciò si aggiunge la sospensione di tutte le forme di lavoro straordinario e della flessibilità precedentemente garantita. "Il vero sport olimpico è arrivare a fine mese", "Vogliamo mansioni superiori pagate" e "Ready to pay", i cartelloni esibiti dai manifestanti. Lamentano fra le varie criticità un inquadramento lavorativo part time che in alcuni casi perdura da vent’anni e che garantisce uno stipendio oscillante fra gli 800 e i 1100 euro (nel migliore dei casi). Troppo poco, per poter vivere dignitosamente. "Oggi, un contratto part-time non può non essere considerato precariato – ha aggiunto un altro rappresentante sindacale Cgil, Alessio Lozetti - è difficile andare avanti con poche tutele e con questi stipendi".
I manifestanti lamentano anche l’imposizione di un piano ferie vincolante in tre periodi dell’anno, da presentare in largo anticipo ed in contrasto a loro dire con il contratto collettivo nazionale del terziario, oltre il mancato riconoscimento dei ticket restaurant. Il tutto nonostante i risultati economici positivi ottenuti dal gruppo transalpino. "Abbiamo chiesto anche buoni pasto ad integrazione del reddito, ma ci è stato risposto che l’azienda non è una onlus – ha concluso Carcea –: non lo mettiamo in dubbio, però ci risulta che in Francia la stessa azienda abbia distribuito dividendi per un miliardo di euro al principale azionista. Noi speriamo che si riapra il tavolo di trattative e che l’azienda si accorga che deve restituire qualcosa anche ai lavoratori".
Giovanni Fiorentino