Di scena al Metastasio Pippo Delbono. Il risveglio, una danza nella guerra

Da martedì a domenica uno spettacolo in grado di scuotere le coscienze .

Di scena al Metastasio Pippo Delbono. Il risveglio, una danza nella guerra

Da martedì a domenica uno spettacolo in grado di scuotere le coscienze .

Da martedì a domenica 3 novembre al Metastasio va in scena Il risveglio, il nuovo spettacolo di Pippo Delbono che con la sua compagnia affronta i temi delle cadute e dei risvegli, una grande coproduzione internazionale cui partecipa anche il Met. C’è un "addormentamento" all’origine de Il risveglio. Individuale e collettivo. Quello dell’uomo che alla fine di Amore - il precedente spettacolo di Pippo Delbono - andava a sdraiarsi sotto l’albero secco che d’improvviso si era coperto di fiori. E l’uomo restava lì, assopito in quel sonno da cui ora sente la necessità di risvegliarsi, scontando la possibilità di trovarsi di fronte a una realtà ancora peggiore di quella di prima. Prima della pandemia che ha chiuso tutti in casa. Prima delle guerre scoppiate alle porte di casa. Il risveglio parte da un’esperienza personale per rovesciarsi in un sentimento di perdita che riguarda tanti. Che chiede di essere sanato, ma può esserlo soltanto a partire da un gesto di solitaria ribellione. Dal riconoscimento di una fragilità di cui lo spettacolo è lo specchio. Per la prima volta non ci sono nello spettacolo i testi degli autori che Pippo Delbono ha amato, che ha incontrato nei viaggi verso la sua personale Itaca, che spesso ha rielaborato per farli ancora più suoi. Per dire il nuovo dolore che l’ha invaso e per invocare la rinascita ci sono soltanto le sue parole, le sue storie e le poesie che va scrivendo da qualche tempo. Queste parole gli consentono di dire una verità nuova, di raccontarsi nelle proprie debolezze, paure, speranze. E tuttavia non è più solo una questione personale. Davanti alla volontà di riprendere a vivere, lo sguardo si allarga a ciò che lo circonda. “C’è qualcuno qui?”, si domanda l’artista in uno spazio nudo che potrebbe ricordare un deserto.

Tutto il teatro di Delbono nasce dalla musica e segue la partitura di un ritmo interiore. Note che trascinano gli attori della Compagnia in una danza, un rito sacro, un funerale forse. Sulle note del virtuoso violoncellista Giovanni Ricciardi, in scena con il suo strumento, e su brani che provengono dalla memoria degli anni Settanta, Delbono si ripete: Devi danzare, danzare nella tua guerra.