Si è conclusa ieri l’ispezione, durata un paio di giorni, nel carcere della Dogaia. Un intervento che arriva all’indomani del consiglio comunale straordinario che si è tenuto sabato scorso sulle difficoltà della casa circondariale: problemi di tipo strutturale, sovraffollamento in alcune sezioni, mancanza di agenti, di un direttore e di un comandante. Oltre a essere diventato il luogo in cui vengono mandati molti detenuti violenti che hanno creato caos in altri penitenziari. Il bilancio del suicidi quest’anno è stato pesante: ben quattro.
"Contraddizioni e inadempienze dell’amministrazione penitenziaria centrale rispetto ai gravissimi problemi degli istituti penitenziari di Prato e di Firenze-Sollicciano. Il carcere della Dogaia è il gemello di quello di Sollicciano, l’emblema di un sistema penitenziario che non funziona. Due istituti che confermano come il fallimento non sia locale ma sistemico. È sconcertante che gli ispettori del dap, assenti quando alla Dogaia si susseguivano suicidi, rivolte e brutali aggressioni al personale, siano arrivati solo ora, forse su sollecitazione di una sigla sindacale ma non quale consapevole presa d’atto di una disfunzione reiterata", attacca il segretario generale Osapp (organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) Leo Beneduci. "Una mossa propagandistica - liquida il sindacalista –, mentre il carcere implodeva nell’indifferenza dei vertici del dap. Dopo gli impegni disattesi sulla Dogaia per l’arrivo di un direttore e di un comandante specificamente dedicati, ci ritroviamo con uno dei tanti comandanti in regime forfettario a 110 euro al giorno".
Per Beneduci "gli ispettori, anziché verificare queste anomalie gestionali prima di partire da Roma, si precipitano a Prato in ritardo rispetto agli eventi che ne avrebbero chiesto l’immediato interessamento. Ed allora è probabile che concentrino sui 200 procedimenti disciplinari non avviati verso i detenuti la loro attività, piuttosto che sui generali ed irrisolti problemi di un carcere da mesi in grave affanno".
"La strategia è sempre la stessa – osserva ancora –: invece di affrontare le criticità strutturali, i vertici del dap si limitano a individuare capri espiatori, emettere sanzioni e fissare termini irrealizzabili. Intanto detenuti violenti, quelli che riducono in fin di vita i compagni e aggrediscono il personale, anziché essere sottoposti al particolare regime di cui 14-bis, vengono spostati come pacchi tra un penitenziario e l’altro".
"Gli agenti non possono più aspettare mentre lavorano in condizioni disumane – conclude –, è ora che i sottosegretari alla giustizia responsabili per il personale e per i detenuti prendano atto del loro fallimento e non diano respiro al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che alimenta sterili trofei laddove sofferenza, disagi e disorganizzazione hanno preso il sopravvento".