"Sono il figlio del capitano Cox". Lì per lì quel cognome non disse niente a palazzo comunale. Michael ci riprovò, tentando altre strade. "Allora vorrei conoscere Saccenti". A quel punto la faccenda cambiava. Metà anni Novanta, mister Cox si trova in vacanza con la moglie a Prato. Non una meta casuale per uno che arriva dalla contea dell’Hampshire (Inghilterra meridionale). Solo che non gli presentarono Dino, il primo sindaco di Prato dopo la Liberazione scomparso nel 1981, bensì il figlio Ennio, il compianto presidente dell’Anpi, che nel 1945 era un bimbo di appena tre anni rinchiuso in orfanotrofio nei dintorni di Varese mentre piovevano bombe su Prato. Se Ennio poté riabbracciare il padre, fu anche grazie a Donald Fox alla testa delle truppe Alleate fra maggio e giugno 1945. L’incontro fra quei due eredi della lotta antifascista, figli di un pratese e un inglese, il partigiano Dino e il capitano Cox che nel 1945 avevano rispettivamente 44 e 25 anni, è solo un pezzo di questastoria. Che inizia quasi ottant’anni fa e ora si tramanderà alle nuove generazioni grazie ai diari di guerra del comandante Cox donati dal figlio Michael, oggi 76enne, al Museo della deportazione. Materiale prezioso trascritto minuziosamente con la macchina da scrivere alla fine degli anni Ottanta su cui il museo realizzerà un podcast, sulla scia di quelli già curati da Enrico Iozzelli e Lorenzo Tempestini sulla Resistenza di Prato.
Michael, cosa le ha raccontato suo padre del periodo in cui guidò il comando degli Alleati a Prato?
"Era un uomo molto modesto, non si faceva vanto e ha atteso fino al 1986 per parlare. Dopo la guerra ha proseguito la carriera diplomatica al ministero degli Esteri ma non ha mai dimenticato Prato e le persone che ha incontrato".
Fra queste carte preziose spunta una lettera dell’8 luglio 1945 scritta all’allora sindaco Saccenti, che a suo padre diede la prima cittadinanza onoraria.
"Prato – si legge - è un nome che mi tocca il cuore".
In fondo, il comando durò solo due mesi.
"Fu un grande amore, tanto che mio padre si adoperò molto per la prima ricostruzione, aiutando a riparare le tegole delle case con il catrame dei gasoli bombardati. La gente aveva fame e lui una volta alla settimana andava a Livorno per prendere il pesce e distribuirlo ai pratesi".
Parliamo di oggi.
"Dobbiamo stare molto attenti a questa tendenza a dover essere per forza ‘inclusivi’ verso la Storia, a non voler fare torto a nessuno. Esiste un confine ben preciso fra bene e male, fra chi stava dalla parte giusta e dalla parte sbagliata. Occorre stare in guardia, anche oggi, soprattutto di fronte a personalità come Putin".
Che effetto le fa sapere che il diario di suo padre diventerà un podcast?
"Credo sia incredibile che le nuove generazioni continuino a ricordare quel periodo e l’opera svolta da mio padre per questa città, anche con l’ausilio di nuovi linguaggi. A loro dico una cosa (di fronte una platea di studenti del liceo Cicognini alla Lazzerini, ndr): non bisogna essere Winston Churchill per fare la propria parte e contribuire alla pace. Anche le persone normale possono fare imprese straordinarie".
Qui avremo via capitano Cox, lo ha annunciato l’assessora alla memoria Chiara Bartalini.
"Sì (ride), basta che non crei confusione per i pratesi"
Maria Lardara