REDAZIONE PRATO

"Edilizia, caporalato nei cantieri" Nel mirino il patrimonio delle società

La procura chiude le indagini ed estende la responsabilità alle aziende coinvolte per aggredirne le proprietà

Si sono chiuse in tempi rapidi le indagini sul caso di caporalato nell’edilizia. L’avviso di conclusioni indagini è stato recapitato ai dieci indagati (tutti ancora gravati da misura cautelare) oltre a un’undicesima persona che è ancora latitante e due consulenti del lavoro pratesi indagati a piede libero per falso. Si tratta dell’inchiesta "Cemento nero", coordinata dal sostituto procuratore Lorenzo Gestri e portata avanti dalla squadra mobile di Firenze in collaborazione con i colleghi di Prato e Pistoia, che ha scoperchiato il velo su un’organizzazione criminale che reclutava manovali da sfruttare nei cantieri edili sparsi per la Toscana.

Le accuse vanno dal caporalato (603 bis), allo sfruttamento dei lavoratori a nero e della manodopera clandestina. La svolta è arrivata anche grazie alla confessione di un pentito – uno degli intermediari egiziani – che ha confermato tutte le accuse e che ha già chiesto di patteggiare. La conferma alle accuse è arrivata anche dal tribunale del Riesame che ha mantenuto l’impianto accusatorio della procura. Resta in piedi dunque il reato di associazione a delinquere finalizzata a reperire la manodopera e a sfruttarla. Secondo gli investigatori, dominus del sodalizio criminale era Vincenzo Marchio, 45 anni, originario di Isola Capo Rizzuto ma residente in città e titolare della Eurocostruzioni 75, e due caporali egiziani, i fratelli Said e Sabri Mohamed di 41 e 39 anni. Al primo era intestata la Novaedil, altra ditta edile che, in realtà, faceva capo allo stesso Marchio. Gli altri indagati – tutti stranieri – sarebbero stati, invece, gli intermediari fra Marchio, i fratello Mohamed e gli operai. L’inchiesta è particolare nel suo genere perché la procura di Prato, per la prima volta, ha contestato la responsabilità penale anche in capo alle due aziende potendo così procedere ad aggredirne il patrimonio realizzato grazie allo sfruttamento dei lavoratori in nero. Si tratta di una norma contenuta nella nuova legge sul caporalato che consente di estendere le responsabilità penali alle società perché inquadrate come soggetti giuridici a sé stanti. Cosa che, invece, non è possibile fare, ad esempio, con le ditte individuali – guarada caso usate dagli imprenditori cinesi – perché non essendo soggetti giuridici non possono essere imputabilità.

Laura Natoli