REDAZIONE PRATO

Estorsione, famiglia condannata

Imponevano il ‘pizzo’ ai commercianti. Pene per oltre vent’anni

Estorsione

Prato, 30 maggio 2019 - Tutti condannati per estorsione. Un’intera famiglia che, secondo l’impianto accusatorio, taglieggiava i commercianti della zona fra Prato e Poggio a Caiano pretendendo il «pizzo» con cadenza quasi settimanale in modo da tirare su un vero e proprio stipendio. Per tutti l’accusa è di estorsione, anche se il giudice Daniela Migliorati non ha riconosciuto l’aggravante dell’estorsione di più persone riunite. I pm, Laura Canovai e Valentina Cosci, hanno chiesto pene severissime. Si parla della famiglia Bartolo, due fratelli, il figlio, le ex moglie e l’attuale compagna di uno dei due.

Il giudice ha condannato Vincenzo Bartolo (che fra l’altro alla scorsa udienza ha rovesciato una scrivania in aula durante la requisitoria del pm Canovai) a otto anni (la richiesta era di 9 e 4 mesi) e a una multa di 6mila euro. Per Vincenzo è caduta l’accusa della detenzione di armi.

Il fratello Silvano è stato condannato a cinque anni (i pm ne avevano chiesti 6 anni e 6 mesi). Per il figlio Bruno, incensurato e che ha tenuto un atteggiamento collaborativo durante le indagini, è stato accolto il patteggiamento a due anni con la sospensione condizionale della pena. Francesca Ceravolo e Moira Rusci, rispettivamente ex moglie e nuova compagna di Vincenzo Bartolo, sono state condannate a due anni e sei mesi per ricettazione. Assolta, invece, l’ex moglie di Silvano.

Tutta la famiglia, originaria del sud ma da sempre residente a Poggio a Caiano, era difesa dagli avvocati Federico Febbo e Costanza Malerba. Una delle parti offese, il commerciante che aveva subito minacce ed era stato costretto a consegnare alla famiglia soldi in più occasione, ha ottenuto una provvisionale di ventimila euro. Le indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri sono partite dalla denuncia di uno dei due commercianti, stanco delle continue vessazioni a cui era sottoposto. Gli arresti scattarono tra le fine del 2017 e l’inizio del 2018 quando venne fermato il figlio Bruno che aveva appena «riscosso» i soldi da una delle vittime a Mezzana. Poco dopo vennero arrestati sia Vincenzo che Silvano. Il primo è ancora in carcere, il secondo è ai domiciliari.

Durante le indagini i carabinieri hanno ricostruito la lunga serie di richieste di denaro – simili all’imposizione del «pizzo» nei territori controllati dalla mafia – che i Bartolo, avrebbero messo in atto a partire dal 2014, anche se si sospetta che l’attività criminale dei fratelli fosse cominciata ben prima del 2014. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, i Bartolo pretendevano dall’imprenditore che ha sporto denuncia duemila euro a settimana. Proprio come se fosse uno stipendio dovuto ai due uomini che sulla carta risultano operai ma che non hanno un lavoro stabile. Inoltre si facevano pagare bollette e rate, oltre a pretendere extra tipo un’auto di lusso che si sono fatti comprare.

Laura Natoli