Non fu concorrenza sleale. Lo ha deciso il giudice del tribunale di Firenze (sezione imprese) che ha rigettato la richiesta danni avanzata da Estra in merito ai due dipendenti che furono licenziati nel marzo scorso perché accusati di essersi "appropriati di materiale" della società poi utilizzato nella startup che i due avevano fondato nel 2021. Il giudice, con l’ordinanza, ha disposto l’annullamento dei decreti che bloccavano il materiale acquisito dagli ex dipendenti e ha condannato la stessa Estra a pagare 6.000 euro di risarcimento ciascuno e le spese legali (altri 6.000 euro). Nell’ordinanza non c’è traccia di un possibile reintegro al lavoro degli ex dipendenti, capitolo che – se i diretti interessati ne faranno richiesta – dovrà essere trattato dal giudice del lavoro.
L’ordinanza del giudice Stefania Grasselli non riconosce nessuna condotta lesiva per la società da parte dei due impiegati. Nell’ordinanza si legge che non sussiste "una situazione di concorrenzialità" tra e due società, Estra e la start up creata dagli ex lavoratori, in quanto Estra è una "società che offre servizi di fornitura di energia" mentre la start up "sviluppa e vende software nel settore dell’energia". Non si tratta dunque, di dirette concorrenti ma anzi: "la prima (la start up) offre servizi di cui possono usufruire anche competitors della seconda (Estra): tale collegamento tuttavia non configura alcuna rilevante ipotesi di concorrenza meritevole della tutela che Estra invoca, avendo le due società oggetto sociale differente e fornendo servizi diversi a clientela diversa", scrive il giudice. Inoltre non ci sarebbe nessuna prova che la società dei due dipendenti abbia posto in essere condotte "di sviamento della clientela, non avendo Estra prodotto nulla a sostegno di tale ipotesi, anche in considerazione della ricordata diversità di clienti a cui diversi servizi sono rivolti". I due dipendenti avevano inviato alle proprie caselle di posta elettronica documenti di Estra che erano stati oggetto di perizia e su cui era stato emesso un decreto che bloccava il materiale. Materiale che adesso è stato restituito ai due in quanto non è stata ravvisata nessuna "infedeltà" o concorrenza sleale".
Laura Natoli