Si faceva pagare 400 euro per ogni attestato sulla formazione che creava ad arte per le aziende che glielo richiedevano. Un sistema già emerso in passato e che ha messo nei guai vari professionisti pratesi e non solo. Il professionista è stato indagato e nei giorni scorsi è stato condannato in rito abbreviato dal tribunale di Prato. Il consulente è stato così condannato in primo grado a un anno e 4 mesi, per aver emesso falsi attestati di formazione. Sull’indagato, fra l’altro, gravava una misura cautelare interdittiva dall’attività professionale disposta dal gip.
L’indagine, coordinata dalla procura pratese, è collegata al procedimento penale che, nel febbraio del 2023, aveva portato all’arresto di quattro imprenditori cinesi per sfruttamento lavorativo e per la brutale aggressione con la quale, mesi prima, avevano sedato sul nascere la manifestazione promossa da alcuni dei loro lavoratori per rivendicare il diritto a un lavoro dignitoso. Si tratta della aggressione subita dagli ex lavoratori della Dreamland di via Galvani che stavano facendo un picchetto all’esterno dell’azienda a conduzione cinese, appoggiati dal sindacato del Sudd Cobas (che all’epoca si chiamava Sì Cobas). I cinesi arrivarono a bordo di un furgone e, armati di spranghe e bastoni e col volto travisato da mascherine, picchiarono gli operai sciopero e i sindacalisti. Si trattò di una vera e propria aggressione squadrista in seguito alla quale furono indagati i titolari dell’azienda, sia per le violenze sia per lo sfruttamento. All’interno di quel procedimento è stata scoperta anche la posizione del professionista che avrebbe creato ad arte la documentazione per la messa in regola (almeno apparente) della ditta.
Gli accertamenti investigativi si sono avvalsi del contributo del gruppo anti sfruttamento della Asl e hanno consentito di appurare plurimi casi di false attestazioni, emesse dal professionista con la finalità di assicurare, ai propri clienti, l’ottemperanza alle prescrizioni impartite dai tecnici della prevenzione. Si tratta di una vicenda peculiare che ha consentito di comprendere come esista una “zona grigia” nel sistema prevenzionistico, nella quale si insinuano consulenti che, a fronte di compensi rilevanti (in questo caso circa 400 euro ad attestato), documentano il falso. Gli attestati incriminati, infatti, avevano lo scopo di certificare l’abilitazione alla conduzione dei carrelli elevatori; attrezzature comunemente impiegate in molti settori produttivi, anche in occasioni nelle quali, negli ultimi anni, si sono verificati gravi episodi infortunistici, dagli esiti anche infausti.
Il processo in primo grado si è chiuso e l’imputato è stato condannato a un anno e quattro mesi ottenendo lo sconto di un terzo della pena grazie al rito scelto.
L.N.