REDAZIONE PRATO

Falsi permessi di soggiorno : "Ora deve risarcire lo Stato"

La Corte de Conti ha condannato una ex funzionaria della Prefettura a restituire al Ministero dell’Interno 35.000 euro per danno patrimoniale da disservizio e di immagine .

La polizia di Pistoia indagò sul giro di permessi falsi

La polizia di Pistoia indagò sul giro di permessi falsi

Dovrà restituire 35.000 euro allo Stato per danno patrimoniale da disservizio e di immagine. A finire nel mirino della Corte dei Conti è stata Daniela Pierini, 65 anni di Prato, ex funzionario della Prefettura di Firenze, che nel lontano 2010 finì in una inchiesta della Digos di Pistoia su un giro di falsi documenti forniti a una serie di cittadini stranieri, soprattutto cinesi, per ottenere il permesso di soggiorno. La donna è stata condannata in via definitiva per favoreggiamento dell’immigrazione in violazione del Testo Unico. Adesso è arrivata anche la condanna da parte dei giudici contabili che hanno accolto la richiesta della procura: Pierini dovrà risarcire il Ministero dell’Interno con 15mila euro per il danno patrimoniale da disservizio oltre a 20mila per quello non patrimoniale all’immagine.

Secondo quanto fu ricostruito dalle carte dell’inchiesta penale, Pierini, in qualità di funzionaria della Prefettura di Firenze, avrebbe caricato i nomi degli stranieri (cinesi clandestini oggetto dell’indagine) nei flussi del 2007. Ma non dal computer dell’ufficio bensì – come è emerso durante il processo – da casa di una delle principali imputate, una cinese residente a Prato condannata a sei anni e ora deceduta, in due occasioni.

Le fu riconosciuto di aver avuto nell’organizzazione un ruolo marginale, tanto che le furono concesse le attenuanti generiche. All’epoca del processo (la sentenza risale al 2013 e Pierini fu l’unica a scegliere il rito ordinario) la sua difesa aveva puntato su tre elementi: l’inattendibilità degli accusatori, sul fatto che la donna non sapeva che i permessi si basavano su rapporti di lavoro fittizi e che lei non era addetta allo sportello unico, ma si occupava dei rifugiati politici. Dalle intercettazioni è poi emerso che la donna non aveva ricevuto soldi (i cinesi pagavano fino a 15mila euro per ottenere la documentazione). In arresto finirono impiegati pubblici, politici, un sindacalista e diversi cinesi.

Adesso i giudici contabili hanno sottolineato "la gravità della condotta, l’abuso delle funzioni dell’ufficio, la risonanza mediatica, la dolosità della condotta e delle reiterazione dei fatti, oltre alla riprovevolezza sociale e penale delle contestazioni".

L.N.