REDAZIONE PRATO

Figlio dall’allievo, ricorso per la scarcerazione

Ci riprovano i legali della donna pratese di 37 anni in carcere a Solicciano da sedici mesi, ossia da quando...

Ci riprovano i legali della donna pratese di 37 anni in carcere a Solicciano da sedici mesi, ossia da quando la condanna per violenza sessuale su minore di 14 anni è diventata definitiva. L’avvocato Mattia Alfano ha presentato ricorso in Cassazione per chiedere la scarcerazione della sua assistita, la donna di Prato condannata a sei anni e cinque mesi di reclusione per aver intrattenuto una relazione con un ragazzino che all’epoca dei fatti era minorenne, e dal quale ha avuto un figlio.

Il ricorso arriva dopo la recente pronuncia del tribunale di Sorveglianza che ha negato la possibilità di sostituire la detenzione in carcere con l’affidamento in prova e gli arresti domiciliari. Il tribunale di Sorveglianza aveva motivato la decisione sostenendo che nella donna continua a prevalere "l’aspetto narcisistico della sua personalità", rifacendosi alla relazione nella quale la psicologa spiegava che la detenuta ha "difficoltà ad assumersi la responsabilità dei fatti, giustificando il proprio atteggiamento e avvalorando l’immagine di sé come ’vittima della sua stessa vittima’".

Nel ricorso in Cassazione il legale nega questa ricostruzione sostenendo che il quadro è completamente cambiato, secondo le evidenze più recenti. "La signora ha raggiunto, rispetto al reato, una ’maggiore consapevolezza e maturità’", e – aggiunge il legale – ha intrapreso "un percorso di revisione critica del reato arrivando a una maggiore consapevolezza del suo ruolo e delle conseguenze delle sue azioni sulla vittima e sui genitori del ragazzo".

Il legale fa leva sulla tenera età del figlio più piccolo, sette anni (la soglia minima per legge è 10 anni), ma anche dell’altro minore, 16 anni, che hanno bisogno del punto di riferimento della madre a cui sono molto legati nonostante la donna sia lontana da casa da oltre un anno. Inoltre, aggiunge si tratta di una persona incensurata, che è rimasta libera (dopo il primo periodo di domiciliari) e che non ha reiterato il reato. Ha un domicilio sicuro, quindi non sussiste "né pericolo di fuga né di reiterazione del reato".

Adesso la decisione spetta alla Cassazione.