Finanza, sequestrate mascherine irregolari

I militari hanno scoperto e fermato il carico a Trieste: 360mila dispositivi non a norma erano destinati a Prato dalla Slovacchia

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Mascherine chirurgiche non conformi alle norme tecniche previste dalla comunità europea destinate a Prato, ma sequestrate al valico di confine di Fernetti, a Trieste, dalla Guardia di finanza della tenenza di Muggia. E’ il risultato di un blitz messo a segno dai militari delle fiamme gialle di Muggia e che ha portato al sequestro record di 360mila mascherine chirurgiche contraffatte. Il valore della partita dei dispositivi di protezione individuale non in regola si aggira intorno ai 180mila euro. L’operazione è scattata durante i controlli dei valichi di confine che ha permesso di scoprire un trasporto illecito di mascherine dalla Slovacchia diretto verso l’Italia, proprio vicino al valico di confine triestino.

In particolare i finanzieri hanno intercettato un trasporto commerciale proveniente dalla Slovacchia e destinato ad una società a responsabilità limitata con sede a Prato. Il ruolo della società pratese sarebbe stato quello di occuparsi della distribuzione e commercializzazione delle mascherine chirurgiche non a norma.

Il furgone che trasportava il prezioso carico ha destato subito sospetto nei finanzieri durante il controllo. Infatti, i militari sono resi conto subito che quel carico non aveva documentazione tecnica valida per accertare l’effettivo possesso di tutti i requisiti essenziali per la sicurezza e la salute, prescritti dalle disposizioni nazionali e comunitarie, che debbono essere applicabili a tali dispositivi. Non solo: le singole confezioni contenenti le mascherine riportavano la marcatura CE seguita, però, dall’indicazione di uno standard comunitario di sicurezza errato o comunque tale da indurre confusione nel consumatore finale circa la destinazione d’uso ed i requisiti di prestazione.

Le mascherine, quindi, sono state sequestrate per violazione delle norme in materia di sicurezza dei prodotti, con applicazione della sanzione amministrativa al soggetto titolare dei beni. Il carico quindi non è riuscito neppure ad arrivare a destinazione alla società pratese. Il valore commerciale dei dispositivi, una volta immessi sul mercato, sarebbe stato pari a circa 180.000 euro.