REDAZIONE PRATO

Francesca, la pratese che produce spettacoli "Il mio lavoro oggi offre tante opportunità"

In tournée con gli artisti ha girato il mondo, è stata in Rai ed è tornata qui. Arena: la regista degli eventi on line e in tv di queste feste

I violini della Camerata al Politeama, la chitarra di Riccardo Onori a Officina Giovani, le voci del coro Euphonios e della Prato Gospel School in San Domenico. E noi tutti chiusi in casa. In queste feste così surreali, lontane dalla vita, se la musica della città è arrivata a noi attraverso la tv o i cellulari lo si deve anche a una pratese, partita vent’anni fa per l’America con l’idea di imparare l’inglese e vendere tessuti, e poi tornata sui suoi passi, a cercare la propria strada: lo spettacolo, ma non sul palco e davanti al pubblico che applaude, dietro la quinte. Si chiama Francesca Arena, ha 45 anni, ha girato il mondo e lavorato in Rai, Endemol e Sky. Ora vive qui, produce programmi televisivi, s’inventa format. E’ stata lei il tramite, la regista, degli spettacoli consegnati al domicilio dei pratesi, visto che dal vivo ci erano interdetti e chissà per quanto tempo lo saranno ancora.

Un lavoro necessario il suo.

"Finché lo spettacolo dal vivo sarà vietato purtroppo è così, ma c’è anche il rovescio della medaglia. Questo può diventare un lavoro anche per altri, se ci sono passione e voglia di imparare. Mi piacerebbe trasmettere a qualche giovane quello che so. E poi c’è un altro aspetto positivo".

Quale?

"La risposta della città. Faccio un esempio: per il concerto gospel di Natale c’è chi ha voluto mettere a disposizione le luci e chi i fiori, credendo in questo progetto. Il linguaggio televisivo, non certamente quello dei reality o dei talent che non mi appartiene, può essere un’opportunità. Complice la pandemia, in questi mesi Prato ha fatto molti passi avanti".

Dal vivo è molto meglio, però.

"Non c’è dubbio, ma per ora non si può. E un domani si potranno magari mettere insieme queste modalità di fruizione. Le possibilità aumentano. Anche qui un esempio, il Festival Recò. La mia idea di aprire le fabbriche e portare lì la musica e le persone, per vivere in modo diverso quegli spazi e farli conoscere, si è scontrata con le regole del distanziamento e il coprifuoco. Ma le dirette streaming sui social e in tv sono state seguite da un pubblico più vasto. Certo le cose vanno fatte bene, con professionalità. Per questo dico che il mio lavoro può essere un futuro per tanti giovani".

Lei da giovane cosa pensava di fare?

"Sono partita dal tessile, come quasi tutti a Prato alla fine degli anni Novanta. Ho vissuto tre anni a New York, per imparare l’inglese e vendere tessuti. Lavoravo per un lanificio importante, guadagnavo anche bene. Sentivo però che non era quello il mio posto. Poi ci sono i casi, le occasioni. Per me è stato un annuncio letto sulla Nazione".

Davvero?

"Sì. Un’agenzia di organizzazione di eventi apriva una sede a Prato e cercava personale. Poteva essere una cosa poco seria, ma provai. Era la Siddarte, professionisti di prim’ordine, ed è stata fondamentale per me. Nel giro di pochi giorni ho lasciato il posto sicuro al lanificio per quest’avventura. Non dovevo vendere pezze, ma imparare quello che amavo fare davvero. E sono partita dalla riapertura del Politeama con Roberta Betti. Poi è arrivata una sorpresa".

Racconti.

"La tournée europea dei Backstreet Boys. ‘Tu che sai bene l’inglese...’. Era l’estate del ’99 e sono partita con il gruppo che supportava la produzione americana. Quante cose ho imparato. Da lì è iniziata la fase dei concerti, anni in giro dappertutto, intensi e faticosi, bellissimi".

Che tournée ha seguito?

"Giorgia, Pino Daniele, Renato Zero e naturalmente Panariello, un amico caro, con cui ho lavorato quattro anni, da Torno sabato alla tournée in America con Gigi D’Alessio: che spettacolo gli italiani in Nevada pazzi per Non dirgli mai... Mi sono tanto divertita, quanti incontri, che esperienze indimenticabili. La mamma diceva che ero una zingara a cinque stelle. Sempre con le valigie, nelle camere d’albergo, ogni volta a ricominciare. Poi a un certo punto ti accorgi che non puoi e non vuoi fare quella vita per sempre, che hai bisogno di famiglia e di casa".

Quant’è durata quella vita?

"Quasi 14 anni. Poi ho iniziato a lavorare a Roma per Rai Uno chiamata da Fabrizio Del Noce. Ho avuto mansioni di ufficio stampa per i programmi e ho collaborato con Rai fiction per il lancio e la promozione di serie televisive. Non ero più una zingara a cinque stelle. Assieme al mio allora compagno Luca Calvani abbiamo deciso che era il momento di mettere su famiglia. Nel 2009 è nata Bianca. Dopo poco abbiamo capito che non volevamo che nostra figlia crescesse a Roma e siamo tornati a Prato, senza rimpianti"

Ed è iniziata la sua collaborazione con Tv Prato.

"Si è stata un’idea di Luca. Perché non porti la tua esperienza a Prato? Con il direttore Gianni Rossi si è creata subito la giusta sintonia. Insieme abbiamo costruito molti progetti. Tv Prato in questi anni è cambiata, è cresciuta, si è tolta di dosso la polvere che aveva, come tante emittenti locali. Sono molto contenta di questa collaborazione e degli altri progetti dei quali mi occupo da libera professionista. Il mio lavoro mi diverte e mi appassiona ancora".

Un consiglio ai ragazzi che vorrebbero provarci?

"Avere un obiettivo sempre, crederci e imparare. Per ottenere le cose serve fatica, la gavetta. Oggi può sembrare facile raggiungere visibilità e un presunto successo, perché il mondo dei social deforma la realtà. Fare bene quello che ci piace è un percorso fatto di impegno. Il mondo dello spettacolo non sono solo le luci della ribalta, ma ci sono tante altre opportunità creative dietro le quinte. Sarà che fin da quando ero piccola, ai tempi delle recite in parrocchia, quello che volevo fare era la regista, posso dire che a me le cose sono andate bene. E sono contenta di lavorare per la mia città".

Anna Beltrame