Prato, 15 giugno 2023 – «Con Francesco ho assistito alla nascita della notorietà. È stato incredibile, quando giravamo ’Madonna che silenzio c’è stasera’ non lo conosceva nessuno, addirittura lo scambiavano per Roberto Benigni. Il giorno dopo l’uscita del film cambiò tutto. Era diventato una star, lo inseguivano, non c’era più modo di andare da nessuna parte, chiunque lo voleva fermare".
Portano la firma del regista Maurizio Ponzi tre pellicole di Francesco Nuti che ne hanno rivelato la genialità. Il primo è il cult "Madonna che silenzio c’è stasera" (1982) che lo ha reso popolare anche grazie alla canzone "Puppe a pera"; poi "Io, Chiara e lo Scuro", con Giuliana De Sio che gli valse il David di Donatello ed il Nastro d’argento come migliore attore protagonista, e "Son contento" (1983). Oggi, nel giorno del funerale di Nuti, Maurizio Ponzi lo ricorda così.
Come conobbe Nuti?
"Ci siamo incontrati per caso a Roma nell’ufficio dei produttori Gianfranco Piccioli e Umberto Angelucci. Nuti stava cercando di montare un film mentre io stavo per farne un altro e così ci conoscemmo. In quell’occasione i produttori mi sottoposero la sceneggiatura di ’Madonna che silenzio c’è stasera’ che mi sembrò molto naif, molto divertente, non era una tradizionale sceneggiatura, più un brogliaccio di idee che però aveva qualcosa di convincente".
Lei quindi si convinse a prendere in mano la regia?
"Avevo visto ’A ovest di Paperino’, lo avevo trovato simpatico e bravo così mi venne naturale dire di sì".
Era la sua prima esperienza con una commedia?
"Avevo esperienze con la televisione, mai fatta una commedia. Poi invece ho scoperto che era un genere nelle mie corde".
Dopo che successe?
"Venimmo a Prato, lui ci teneva tanto alla sua città e voleva che ne imparassi tutto, ma io non la conoscevo. Poi si fidò di me e io mi fidai di lui. Era la prima volta che arrivavo a Prato e l’ho trovata una città affascinante. Nel film abbiamo cercato di raccontarla al meglio e credo che ci siamo riusciti: le sue fabbriche, i telai, quel mondo mi affascinò".
Quarant’anni dopo, ancora oggi è un film cult per Prato.
"E’ come se fosse un documentario, oggi la città è cambiata in tanti aspetti. Madonna che silenzio c’è stasera ha cristallizzato un tempo. Un’ambientazione che non è uno sfondo, Prato è parte integrante della storia".
Ebbe un grande successo.
"Il riscontro del pubblico fu felicissimo. Lo girammo in appena cinque settimane con pochi costi e incontrò un favore enorme. Ho un ricordo stupendo anche perché per la prima volta nella mia vita ho assistito alla nascita di una star. Ripeto, mentre giravamo il film Nuti era sconosciuto, il giorno dopo l’uscita scoppiò il delirio, per strada era un assalto continuo e lui era felicissimo".
Francesco Nuti attore come lo descriverebbe?
"Era un grande attore, mi pare evidente, quindi meritava quello che ha avuto, forse gli è mancata un po’ di prudenza. Aveva un istinto incredibile, capiva al volo, sul set era attentissimo. Quello che poteva imparare lo imparava, era un animale da set, una sorta di vampiro".
Poco prudente: a cosa si riferisce?
"Dopo i primi tre film volle fare la regia da solo. All’epoca era un’abitudine del cinema italiano quella di essere attori e registi a tutti i costi. Rifiutò copioni offerti da registi importanti, così facendo il rischio è quello di rendersi schiavo di un successo a tutti i costi e quando diminuisce arrivano le crisi e quello che ne può conseguire".
Quando lo ha visto l’ultima volta?
"A Prato durante la proiezione ’Io, Chiara e lo scuro’. E’ stato difficile rivederlo dopo l’incidente. Ha avuto un destino crudele, ho sofferto tanto per sua morte".
Silvia Bini