REDAZIONE PRATO

Ginecologi pagati in nero per le visite. In diciannove rischiano il processo

Chiuse le indagini della procura, notificati gli avvisi agli indagati

Una donna durante una visita dal ginecologo (foto d’archivio)

Prato, 30 ottobre 2018 - Nelle stanze dell’ospedale avrebbero effettuato visite ‘fuori programma’ a donne cinesi – durante l’orario di lavoro e utilizzando le strumentazioni pubbliche – per poi intascare soldi a nero. Erano i primi di luglio quando il reparto di ginecologia dell’ospedale Santo Stefano fu squassato da un vero e proprio terremoto giudiziario. Ora, a distanza di oltre tre mesi, si sono ufficialmente chiuse le indagini preliminari sulla vicenda – che destò grande scalpore in città – con la procura che in queste ore ha notificato gli atti a diciannove indagati, tra medici del Santo Stefano e intermediari cinesi i quali, secondo l’accusa, fungevano da ‘collante’ tra i ginecologi e le donne da visitare pagando per scavalcare il normale iter. L’avviso, firmato dai sostituti Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli, è stato notificato anche all’ex primario del reparto Giansenio Spinelli, ora in pensione, nei confronti del quale è ipotizzato il reato di omessa denuncia.

L’indagine condotta dai carabinieri ha portato alla luce un meccanismo piuttosto consolidato. Una sorta di ‘prassi parallela’ che, secondo l’accusa, funzionava più o meno così: i ginecologi venivano contattati dagli intermediari con i quali concordavano orario delle visite e luogo, sempre in ospedale o al Giovannini. I medici, sempre secondo quanto ricostruito da un dettagliato lavoro investigativo dei militari fatto di intercettazioni, uso di telecamere nascoste e, non ultimo, ‘camuffamenti’ fra i pazienti, erano soliti così allontanarsi dal reparto (specie durante le guardie notturne) e visitare le pazienti cinesi nella stanza del fast track, quella in uso al pronto soccorso che accoglie gli ecografi. Per l’accusa, dopo la visita, il medico avrebbe intascato i soldi a nero dal mediatore – in genere una cifra che andava da un minimo di 100 a un massimo di 150 euro – il quale si sarebbe trattenuto una piccola parte del denaro per il ‘disturbo’.

Del lungo elenco di indagati che hanno ricevuto l’avviso di conclusione di indagini fanno parte i ginecologi Elena Busi, Simone Olivieri, Massimo Martorelli e Ciro Comparetto, inizialmente finiti ai domiciliari con l’accusa di peculato e truffa ai danni dello Stato. Le misure cautelari colpirono anche tre intermediari, Wu Lihua, Li Jie e Zhou Qiongying. Nell’inchiesta anche altri due ginecologi, un’ostetrica, un chirurgo, un altro medico dell’ospedale di Prato e altri sei cinesi. Adesso gli indagati hanno venti giorni per chiedere di essere interrogati o per presentare eventuali memorie, dopo di che la procura prenderà le sue decisioni sulle richieste di rinvio a giudizio e su quelle di archiviazione.