Nulla di fatto per la maxi inchiesta che nel 2017 portò all’arresto di sette persone accusate di associazione a delinquere finalizzata all’esercizio abusivo del gioco d’azzardo. La maxi inchiesta condotta della Guardia di finanza e coordinata dalla Dda di Firenze, è arrivata ieri al capolinea. Il processo ha avuto un percorso piuttosto tortuoso: cominciato a Firenze è stato poi trasferito a Prato per una questione di competenza territoriale. Nel mirino della Finanza erano finite una serie di sale giochi dislocate in varie città toscane, fra cui Prato, dove le macchinette erano collegate alle piattaforme a Malta e non con i Monopoli dello Stato. Le vincite e i guadagni erano così più alti.
Ieri, però, il pubblico ministero pratese ha chiesto il non luogo a procedere per tutti i 21 imputati, molti italiani titolari delle sale gioco, durante l’udienza preliminare in quanto il reato non esiste più. Dal 2017 a oggi, infatti, la legge è cambiata in seguito a una pronuncia della Cassazione. Il reato è stato di fatto declassato a un illecito amministrativo. Il gup Francesco Scarlatti ha preso atto e ha prosciolto tutti gli imputati, difesi fra gli altri dagli avvocati Manuele Ciappi, Mauro Cini, Ewelina Kril, Stefania Turano, Mirko Benedetti, Antonino Denaro. La maxi-operazione della Finanza aveva portato al sequestro di 14 sale da gioco, di cui sei a Prato e provincia. Furono sequestrati anche dieci immobili, sette autovetture, quote societarie relative ad otto imprese nonché disponibilità finanziarie depositate su oltre trenta conti correnti relativi agli indagati e una società maltese per un valore complessivo di 8.417.000 euro. La frode, secondo gli inquirenti, muoveva soldi per circa dieci milioni al mese.
Le indagini partirono da un controllo in una sala giochi a Empoli. Sulla carta le sale apparivano come circoli culturali o associazioni sportive dilettantistiche, come un’accademia del biliardo. Nella realtà, per gli investigatori, erano dei veri e propri casinò dove puntare o scommettere su un circuito clandestino. E non sempre vincere. Anzi, secondo le indagini della guardia di finanza, la piattaforma parallela, con server a Malta, ‘pagava’ di meno delle sale gioco autorizzate dallo Stato. Oltre al fisco nazionale, dunque, i truffati erano anche i giocatori.
Laura Natoli