Al Metastasio da martedì a domenica 1 dicembre arriva Animali selvatici, un progetto di Paola Rota coprodotto dal nostro teatro insieme a Tpe Teatro Piemonte Europa (spettacoli come sempre alle 20.45 nei feriali, alle 19.30 il sabato e alle 16.30 la domenica). Scritto da Alessandro Paschitto pensando a L’anitra selvatica di Henrik Ibsen, con questo lavoro la regista Paola Rota declina nel tempo presente il sacrificio di una bambina che nulla ha insegnato agli adulti. La storia racconta ciò che accade a una famiglia quando risale a galla una verità pericolosa, una verità sepolta nel passato che minaccia il presente di quattro personaggi: un padre forse ignaro, una madre che sa, una figlia che vorrebbe sapere ma rimane all’oscuro fino alla cecità e un vecchio amico che fa ritorno dopo molto tempo e che sospetta. Tutti si muovono nell’interno di una casa e alimentano le loro pulsioni, le micro aggressioni quotidiane, la complessità e l’ambivalenza dei gesti familiari, il contagio della violenza, mentre la verità non detta resta tale e cresce, aleggia come uno spettro, diventa mostro che chiede di uscire allo scoperto e distorce le cose, confondendo fatti, ruoli, date, identità. Lo scatto di un flash diventa uno sparo di fucile, un’adolescente una bestia selvatica, tutti sembrano cacciatori e tutti prede. Il quotidiano assume, di fronte al sospetto, pieghe sinistre, perverse, perturbanti.
Animali selvatici è uno spettacolo che racconta come il nostro rapporto con la verità riveli in modo immediato la nostra natura profonda. Una natura meno addomesticata, più segreta, selvatica, di quanto crederemmo. "L’anitra selvatica di Ibsen racconta di verità e menzogna, illusione salvifica, sacrificio, temi che questo adattamento declina in modo nuovo – afferma Paola Rota –. Non venti personaggi ma quattro che si muovono come fantasmi in una realtà fumosa perché, se Ibsen ha scattato una foto del suo secolo, realizzandone un ritratto eroico, un’architettura, la foto del nostro presente invece non arriva mai a svilupparsi. Cambia continuamente davanti ai nostri occhi, nuove figure appaiono e altre si confondono fino a sparire, senza mai fermarsi".
Secondo la regista il domestico è campo di una battaglia d’abitudine il cui senso impallidisce sempre più. "E’ possibile allora in questo paesaggio di spettri dare spazio ai vivi – si chiede –, consentire l’emersione di un giovane futuro, in carne ed ossa? Se gli esseri umani sono la trappola forse allora è giusto non cascarci. Non finire addomesticati. Trasformarsi in animali, animali selvatici".