Dante lo conosciamo tutti e anche senza saperlo, molti di noi avranno usato almeno una volta nella vita, uno dei tanti modi di dire che deriva dalla sua opera. Uno abbastanza in uso è "senza infamia e senza lode": “coloroche visser sanza ‘nfamia e sanza lodo” (Inferno III, v. 36). Oggi questa espressione è usata nel senso di ‘bene, ma non benissimo’, ma per Dante aveva un significato più dispregiativo, attribuito agli ignavi dell’Antinferno. Un altro detto è ‘cosa fatta capo ha’, che è pronunciata da Mosca dei Lamberti nel canto XXVIII dell’Inferno; significa che ciò che è stato fatto non si può cambiare. Ugualmente, l’utilizzo ironico che facciamo in italiano dell’espressione "stiamo freschi" nel senso di ‘siamo nei guai’ è ripreso dal verso 117 del canto XXXII dell’Inferno, dove ha appunto lo stesso uso: “là dove i peccatori stanno freschi”. Il riferimento qui però è il lago Cocito dove sono immersi i traditori. Nei versi 91-92 del II canto dell’Inferno, Virgilio racconta di come Beatrice gli abbia affidato, per volere di Dio, il compito di guidare Dante nel viaggio: in riferimento alla sua beatitudine, Beatrice dice di sè “Io son fatta da Dio, sua mercè, taleche la vostra miseria non mi tange”. Da qui ‘non mi tange’ come ‘non mi tocca, non mi riguarda’.
CronacaGuida alle frasi celebri e al loro significato I canti dove è possibile trovare l’originale