"A fronte dei 36 nuovi agenti di polizia penitenziaria (35 uomini e una donna) che presto arriveranno alla Dogaia, 26 se ne andranno via. Quindi gli ingressi effettivi saranno appena 10". Un numero esiguo rispetto al bisogno di personale che il carcere della Dogaia ha da sempre: qui la scopertura di organico fra la polizia penitenziaria ha raggiunto circa il 70%. A spiegare la situazione è Paolo Alonge, segretario provinciale del Sinappe (sindacato nazionale autonomo di polizia penitenziaria), che spesso è in prima linea insieme ai colleghi per arginare disordini e situazioni complesse all’interno della casa circondariale di Prato. Disordini ed episodi violenti, purtroppo, alla Dogaia sono all’ordine del giorno e per contrastarli la penitenziaria, spesso, è costretta a turni di lavoro massacranti.
"Il numero dei nuovi ingressi è destinato a scendere ancora – ha detto Alonge – Bisognerà capire quanti di questi dieci agenti effettivi resteranno davvero. Qualcuno è già distaccato, altri hanno i permessi 104, altri ancora non arriveranno nemmeno. La coperta è sempre corta". E’ corta per una struttura che è in sofferenza da anni, alle prese con mancanza di personale, detenuti di difficile gestione e sovraffollamento. Manca perfino un direttore: al momento c’è solo una reggenza.
"I nuovi agenti arrivano dalle scuole – aggiunge Alonge – e nel frattempo perdiamo gente esperta. I nuovi colleghi andranno formati e quando saranno preparati se ne andranno via". Una vecchia storia che si ripropone in altre strutture pubbliche di Prato, come ad esempio il tribunale: arrivano i rinforzi ma poi la metà se ne va in pochi mesi.
"Bisognerebbe chiedersi perché ci sono colleghi che vivono a Prato da 20 anni, hanno famiglia qui, ma preferiscono andare a lavorare in altri carceri – aggiunge Alonge – Persone che chiedono di essere trasferite in altre strutture toscane piuttosto che restare alla Dogaia. La risposta è semplice: perché qui si lavora male. La gente preferisce andarsene, fare il pendolare. Accetta situazioni più disagevoli piuttosto che rimanere vicino a casa. E’ questo che i nostri amministratori non riescono a capire". Alonge torna a puntare il dito sull’assenza di un comandante stabile. "Si cambia ogni 8-9 mesi – conclude – Ognuno ha la sua cabina di regia, il suo modo di lavorare. Così non ci si capisce più nulla".
L.N.