Il business delle buone entrate. Gli imputati verso il rito abbreviato

Tre imputati a Prato chiedono il rito abbreviato per estorsione a un imprenditore cinese. Nuova udienza preliminare per due proprietari e un agente immobiliare accusati. Indagine su fenomeno diffuso di "buona entrata" nei Macrolotti pratesi. Procura ipotizza estorsione, difesa contesta. Sentenza attesa per luglio.

Il business delle buone entrate. Gli imputati verso il rito abbreviato

Il business delle buone entrate. Gli imputati verso il rito abbreviato

Hanno annunciato di voler chiedere il rito abbreviato i tre imputati accusati di estorsione per aver, secondo l’accusa, preteso 400.000 euro (a nero) da un cinese per rinnovare l’affitto del capannone. Nuova udienza preliminare a carico i due proprietari dell’immobile al Macrolotto Uno, marito e moglie, difesi dall’avvocato Manuele Ciappi, e di un agente immobiliare, difeso da Giovanni Renna, che avrebbero preteso dal cinese la "buona entrata" dopo uno sfratto. Il gip Francesca Scarlatti ha rinviato l’udienza alla prossima settimana per formalizzare la richiesta mentre la sentenza è attesa per il 18 luglio.

Durante la scorsa udienza

i pubblici ministeri Alessia Iacopini e Vincenzo Nitti hanno chiesto di mettere agli atti l’incidente probatorio riferito a un secondo caso del tutto simile a quello contestato nel processo in corso.

L’indagine è partita dalla denuncia di un imprenditore cinese, assistito da Tiziano Veltri, che venne sfrattato dal capannone perché, durante il periodo del Covid, rimase indietro con il pagamento di alcune mensilità. Nonostante avesse saldato la posizione e avesse già versato i 400.000 euro alla stipula del primo contratto, i proprietari avrebbero preteso una nuova buona entrata per il secondo contratto dopo lo sfratto. Dalle indagini, sarebbero poi emersi altri casi del tutto simili. Le presunte persone offese sono state sentite come testimoni in incidente probatorio. Il cinese si è costituito parte civile.

La denuncia del cinese ha portato a galla quello che sarebbe un fenomeno molto diffuso nei Macrolotti pratesi, soprattutto ai danni di cittadini di origine orientale: ossia quella della buona entrata. Capannoni che vengono pagati a peso d’oro dagli imprenditori, soprattutto quelli che si trovano nelle strade con maggiore visibilità, dove il passaggio di clienti e compratori è maggiore. La Procura ha ipotizzato il reato di estorsione, mentre la difesa contesta questa ricostruzione. I titolari dell’immobile in questione hanno fatto parziali ammissioni durante l’interrogatorio in Procura e hanno versato all’Agenzia delle Entrate due milioni di euro in tasse, anche se la Guardia di finanza calcola che si tratti di meno della metà di quanto percepito a nero dalle buone entrate fra il 2017 e il 2022. Per la difesa non ci fu estorsione perché i cinesi erano liberi di andare a cercare altri capannoni disponibili.

L.N.