
Il campanello d’allarme Targetti: "Attenzione Le confezioni cinesi iniziano a chiudere"
di Anna Beltrame
Jonathan Targetti, classe 1986, laureato in marketing della moda, imprenditore, blogger, ex coordinatore di +Europa, fondatore del laboratorio di idee Prato Riparte. Suona un campanello d’allarme e introduce elementi di riflessione fra economia e politica, con il tratto graffiante che lo contraddistingue.
Cosa fa Targetti imprenditore
"Con mio padre da anni mi occupo di vintage militare, in Italia siamo tra i più conosciuti in questo settore. Cinque anni fa è nata la nostra linea TQM, abbigliamento unisex, funziona bene. Mi piace quello che faccio, mi consente di girare il mondo, di conoscere persone capaci e interessanti, di essere libero. E di vedere come vanno le cose anche nel nostro distretto".
E cosa vede?
"Per realizzare i capi di TQM all’inizio avevamo fornitori pratesi ma poi, col tempo, ci siamo trovati meglio in Veneto. Pratesi invece sono ancora i nostri fornitori di tessuti, tutti divisi soprattutto tra Montemurlo e la Vallata, perché è lì che ora lavorano le migliori. Adesso è difficile lavorare ovunque in Italia".
Perché?
"Perché purtroppo tutta la confezione è in mano ad aziende cinesi e le confezioni cinesi iniziano a chiudere. A Pitti Uomo non si parlava d’altro: il problema c’è e per Prato rischia di essere enorme, da tanti punti di vista".
Chiudono perché se ne stanno andando?
"Il fenomeno non è ancora censito dalle statistiche ufficiali, ma non è più sotto traccia. Dopo tre anni e mezzo di emergenze covid, da febbraio la Cina ha riaperto le frontiere e riconcesso i visti: tanti imprenditori cinesi, soprattutto quelli dai 50 anni in su, stanno tornando a casa. A parte il fatto che ora lo possono fare e dall’autunno 2019 a febbraio 2023 non era possibile, ci sono vari motivi per cui decidono di farlo".
Quali secondo lei?
"Almeno cinque. Il primo: considerano chiuso il ciclo in Italia, anche per età. I cinesi spesso vengono qui con progetti di vita a scadenza. Secondo: a Prato e in Italia hanno imparato molto e le loro competenze adesso in Cina sono richieste e ben pagate. Terzo: dopo covid e guerra, con la crisi dei consumi e l’aumento dei costi di energia e materie prime, in Italia c’è un problema di domanda, che in Cina non c’è".
Gli altri due?
"Lavorare a Prato e in Italia non conviene come prima, ci sono giustamente più controlli su tasse da pagare e rispetto delle regole. Il quinto motivo è universale: è la burocrazia di questo Paese, che allontana gli investimenti e complica la vita anche alle imprese con gestioni corrette, a conduzione cinese o italiana, perché qui a Prato con imprenditori cinesi alla seconda se non terza generazione, quindi italiani, stiamo riscrivendo anche i confini del Made in Italy".
Se la tendenza fosse confermata sarebbe un problema anche per gli affitti che i cinesi garantiscono da anni.
"Proprio così. Il problema non è solo la difficoltà a trovare in Italia manodopera per produrre, ma il possibile crollo delle rendite. Tanta ricchezza di Prato è basata sulla rendita, favorita anche dal nero e dallo sfruttamento, tema questo attualissimo. Le categorie economiche e la politica devono affrontare seriamente tutto questo: se i cinesi se ne vanno, crolla il mercato immobiliare dei capannoni, giusto per fare un esempio. Succederà fra due anni, fra cinque? Accadrà solo in parte? Non lo sappiamo, ma di fatto l’economia di Prato è profondamente legata al mondo delle imprese cinesi, una variabile su cui Prato non ha controllo".
La giunta lavora al nuovo piano strutturale, strumento cardine anche di programmazione economica, per quanto oggi sia possibile programmare.
"Sono assolutamente d’accordo con i coordinatori di Italia Viva, Giancarlo Cecchi e Veronica Scopelliti. Intanto, approvare il piano a fine legislatura è profondamente scorretto anche dal punto di vista della democrazia, chiunque vinca le prossime elezioni. Di certo non ci saranno Biffoni, per esaurimento mandati, e Barberis: come possono condizionare quel che resterà del margine di manovra di chi i pratesi sceglieranno di mandare al difficile governo della città? Ma il problema non è solo questo".
Continui.
"Hanno organizzato i soliti tavoli d’ascolto, nel pomeriggio al Pecci. Ma siamo sicuri che abbiano realmente ascoltato la città? Italia Viva è in maggioranza e dice pubblicamente che non c’è stato coinvolgimento. E i rilievi che pone anche nella sostanza del nuovo piano sono tutti condivisibili. Un esempio: General Elettric cercava su Prato uno spazio da 40mila metri quadri, che qui non c’è. Abbiamo magazzini sui 500, mille, duemila metri quadri, tarati sulle esigenze dei pronto moda cinesi".
Il piano Secchi entrò in vigore già vecchio, dopo anni e anni di gestazione.
"Il mondo oggi va ancora più veloce, a maggior ragione non si può varare un piano strutturale come si stesse disegnando i rendering delle giungle urbane. Mi auguro prevalga senso della realtà e di responsabilità. Non le solite narrazioni che già tanti danni hanno creato".
Dopo la crisi del terzo polo e quindi del laboratorio Prato Riparte, che progetti ha Targetti per le prossime elezioni?
"Nessuno. Quello che mi auguro, per il bene della città, è che trovino spazio persone anche della mia generazione che conoscano realmente i problemi di chi lavora e di chi fa impresa, il mondo vero insomma. Persone che non vivano nella bolla delle burocrazie pubbliche, dei posti trovati grazie alla ’politica’, forti di narrazioni imparate come formule. Persone competenti e libere, a prescindere dal partito per cui si candideranno".