LAURA NATOLI
Cronaca

Il deposito esploso. Nove indagati, anche la società. I pm: la strage si poteva evitare

Per la procura uno dei manager avrebbe anche cercato di ostacolare le indagini. Ma Eni si difende: "Non è vero, abbiamo sempre collaborato e continueremo a farlo".

Per la procura uno dei manager avrebbe anche cercato di ostacolare le indagini. Ma Eni si difende: "Non è vero, abbiamo sempre collaborato e continueremo a farlo".

Per la procura uno dei manager avrebbe anche cercato di ostacolare le indagini. Ma Eni si difende: "Non è vero, abbiamo sempre collaborato e continueremo a farlo".

CALENZANO (Firenze)Il mancato aggiornamento del documento sulla valutazione dei rischi del deposito Eni di Calenzano, un intervento di rimozione di due valvole non programmato, il tentativo di ostacolare le indagini creando documenti successivi al disastro e mai trovati prima, lavori svolti mentre le operazioni di carico dei carburanti nelle autobotti erano in corso. Ma l’azienda si difende: "Confermiamo la piena e totale collaborazione con l’autorità giudiziaria e la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche dell’incidente". Incidente che secondo i pm era "prevedibile ed evitabile, un errore grave e inescusabile". Parole dure quelle che il procuratore di Prato, Luca Tescaroli, ha usato per definire l’esplosione al deposito di idrocarburi Eni a Calenzano che il 9 dicembre ha provocato la morte di cinque persone (tre autotrasportatori e due operai) e ventotto feriti, oltre a danni a case, aziende, auto. La Procura ha chiuso le indagini in poco più di tre mesi e ieri ha recapitato gli avvisi di garanzia a nove persone, sette appartenenti a Eni, e due della Sergen srl di Viggiano (Potenza), l’azienda appaltatrice dei lavori in corso all’interno del deposito al momento dello scoppio, oltre alla stessa società Eni (sotto inchiesta per responsabilità ex Legge 231).

L’indagine ipotizza i reati, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali. Gli avvisi di garanzia sono stati recapitati a Patrizia Boschetti, come datore di lavoro committente responsabile della struttura organizzativa e gestione operativa del centro Eni spa di Roma; Luigi Collurà, dirigente con delega di funzioni sulla sicurezza del deposito Eni di Calenzano; Carlo Di Perna, responsabile manutenzioni e investimenti depositi Centro Eni spa; Marco Bini, preposto Eni richiedente il permesso di lavoro che ha classificato l’attività di Sergen; Elio Ferrara, preposto Eni che ha autorizzato il rinnovo del permesso di lavoro a Sergen per il 9 dicembre 2024; Emanuela Proietti, responsabile del servizio prevenzione protezione (Rspp) di Eni; Enrico Cerbino, responsabile del progetto esterno (project manager external) per le manutenzioni e investimenti depositi Centro (Eni); Francesco Cirone, datore di lavoro e Rspp della impresa esecutrice Sergen srl di Viggiano (Potenza); Luigi Murno, preposto della Sergen, quest’ultimo fra l’altro rimasto ferito nello scoppio. Eni ha espresso "la volontà di risarcire le famiglie delle vittime e chi ha subito danni". Inoltre ha smentito "di aver mai compiuto alcun tentativo di insabbiamento o intralcio delle indagini".

Secondo le indagini, l’incidente era "prevedibile ed evitabile" con un’adeguata analisi dei rischi e l’applicazione delle procedure obbligatorie di sicurezza. Dall’analisi della documentazione sulla sicurezza dell’impianto che sarebbe stata rilasciata dall’Eni alla ditta appaltatrice Sergen, le attività di manutenzione sarebbero state fatte in presenza "di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un carrello elevatore", che avrebbe "generato calore in un’area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Segen".

Grazie alla consulenza affidata a due collegi peritali, è stato ricostruito che i tecnici della Sergen stavano lavorando su una linea del deposito Eni che doveva essere riconvertita alla fornitura di un olio vegetale idrotrattato (Hvo). La mattina del 9 dicembre i due operai svitarono na valvola "a gomito", alla pensilina 7, che era sotto pressione. Intervento – sottolineano gli investigatori – non necessario tanto che il progettista (Dg impianti di Pescara incaricato da Eni) non lo aveva previsto. L’operazione generò una fuoriuscita di benzina (erano le 10.21) che durò 33 secondi fino a innescare, probabilmente attraverso il motore del carrello elevatore in uso ai tecnici di Sergen, la prima di quattro esplosioni in rapida sequenza e poi l’incendio delle autobotti.

La Procura ha evidenziato che la manutenzione del deposito non doveva essere condotta durante il carico delle autobotti, operazione che, se interrotta, avrebbe causato una perdita economica per Eni di circa 255mila euro. La Procura ha già chiesto l’incidente probatorio.