MARISTELLA CARBONIN
Cronaca

Il giustiziere della Memoria: "Ho capito che il dolore non va in prescrizione. Qui per i martiri di Figline"

Marco De Paolis, procuratore generale militare presso la Corte militare d’Appello di Roma interverrà oggi alla commemorazione. Domani alle 18 presenterà il suo libro "Caccia ai nazisti".

Il giustiziere della Memoria: "Ho capito che il dolore non va in prescrizione. Qui per i martiri di Figline"

Marco De Paolis, procuratore generale militare presso la Corte militare d’Appello di Roma interverrà oggi alla commemorazione. Domani alle 18 presenterà il suo libro "Caccia ai nazisti".

Procuratore De Paolis, il suo libro ’Caccia ai nazisti’ (Rizzoli) racconta bene tutto l’immenso lavoro che lei ha fatto. Quando era gip del tribunale militare di La Spezia, le toccò un terzo dei fascicoli (c’era anche quello su Figline) del cosiddetto ’armadio della vergogna’, che conteneva i fascicoli relativi alle stragi dei nazifascisti commesse tra il 1943 e il 1945. Da dove cominciò?

"Quei fascicoli erano stati illegalmente occultati nel 1960 dall’allora procuratore generale militare Enrico Santacroce. Emerse poi da una commissione d’inchiesta che l’archivio era noto ai magistrati militari più anziani dell’epoca. La Procura Militare di La Spezia aveva ricevuto 214 fascicoli. Vi erano contenuti fatti molti importanti, come le due stragi più sanguinose avute in Italia, quella di Marzabotto- Monte Sole e quella di Sant’Anna di Stazzema. Nel 2002, vengo nominato procuratore militare di La Spezia e trovo in carico nell’ufficio circa un centinaio di fascicoli sulle stragi nazifasciste. Fino ad allora pochi fascicoli avevano trovato sviluppo. E’ dal 2002 che si aprirà una fase giudiziaria importante: saranno celebrati parecchi processi".

Un lavoro enorme, a oltre mezzo secolo dai fatti...

"Sì, di fronte a me, avevo circa 100 procedimenti per strage. E l’ufficio che dirigevo era molto piccolo. Si lavorava giorno e notte. Pensai di costituire un gruppo investigativo speciale di polizia giudiziaria bilingue, composto da carabinieri e finanzieri che conoscessero il tedesco, per compiere efficaci indagini all’estero".

E i frutti di questo lavoro immenso arrivarono...

"Nei primi cinque anni di lavoro a La Spezia verranno celebrati 11 processi, più del doppio di quelli compiuti in tutta Italia, negli altri uffici giudiziari militari. E

riguardavano le stragi più gravi, quelle con il maggior numero di vittime civili. Abbiamo sentito centinaia di testimoni in Italia, i sopravvissuti, i familiari delle vittime. L’altra costola del lavoro era in Austria e Germania, dove si trovavano i testimoni tedeschi e austriaci. E, soprattutto, gli indagati".

Nel 2010 iniziò il suo lavoro a Roma, alla procura militare. Come si mosse?

"Proseguo in questa attività, che concluderò nel 2013. L’ultimo processo riguardò l’eccidio di Cefalonia. Nei 10 anni fra 2003 e 2013, celebro 17 processi: 80 ex militari tedeschi e austriaci sono rinviati a giudizio. Furono 57 le condanne all’ergastolo in primo grado. Tutti i condannati erano molto anziani, non sempre si è potuto procedere nei tre gradi di giudizio".

Le associazioni dei familiari delle vittime sono state importanti per il suo lavoro?

"Certamente. E molto significativo è stato il rapporto personale che si è instaurato con i familiari delle vittime o addirittura con i sopravvissuti alle fucilazioni che hanno visto genitori, familiari e amici morire in modo atroce. I processi sono stati 17 ma ho messo insieme 500 procedimenti di indagine: quindi i racconti che ho sentito sono stati centinaia. Un immenso fiume di dolore".

Ha interrogato oltre cento nazisti: in qualcuno di loro ha avvertito pentimento, presa di coscienza dell’orrore perpetrato?

"Guardi, ripenso al lavoro di un giornalista tedesco, Udo Gümpel, che realizzò nel 2002 per la rete televisiva Ard un documentario in cui venivano intervistate ex SS. Quello di Gümpel fu un lavoro importante per le mie indagini. Ecco, erano dichiarazioni scioccanti, quelle delle ex SS. Come Albert Meier, che uccise undici bambini a Cerpiano, negli eccidi Marzabotto-Monte Sole. Disse: ’Eliminammo soltanto loschi bacilli di sinistra’. Insomma, dopo tanti anni non avevamo di fronte dei semplici vecchietti, ma dei criminali veri, che non solo non si erano pentiti ma addirittura avevano la sfrontatezza di rivendicare con

insolenza il proprio crimine".

In questi anni ha conosciuto da vicino anche persone sopravvissute alle stragi. Come si rapportano con la memoria dell’orrore?

"In tutti questi anni ho capito una cosa tanto semplice quanto importante: che il dolore non va in prescrizione, non passa dopo un po’ di tempo. Per le vittime, poi, era importante essere ascoltate da una persona che rappresentasse le istituzioni pubbliche, lo Stato. E soprattutto che fosse riconosciuto il crimine. In

Italia era stata ignorata per troppo tempo la sete di verità dei parenti delle vittime".

Lei ha scritto anche un libro per bambini e ragazzi (L’uomo che dava la caccia ai nazisti, edito da Piemme), che racconta la storia degli infiniti processi ai nazifascisti. Perché è importante affidare questa memoria alle giovani generazioni?

"Le cronache degli eccidi passati sono identiche a quelli attuali. Conoscere la storia, la nostra storia, quella avvenuta nei nostri paesi, nelle nostre campagne, è fondamentale per capire da dove veniamo e anche per comprendere cosa accade nella nostra attualità. Dobbiamo salvaguardare il valore etico dell’Uomo. Conoscere la storia, la nostra storia, aiuterà anche i ragazzi a capire chi vogliono essere e chi non vogliono essere da grandi".

Oggi Prato ricorda i 29 martiri di Figline.

"Tra i procedimenti che trovai a La Spezia sul mio tavolo, c’era anche quello sull’eccidio di Figline. Non aver avuto la possibilità di approfondirlo e portare a giudizio i responsabili è stato per me sempre un grande rammarico. Sono davvero lieto di poter esser oggi qui a onorarne la memoria".