La lingua che va per la maggiore negli stand di Pitti Filati edizione numero 96 è l’inglese. Europa con una massiccia rappresentanza della Francia e Stati Uniti rappresentano le maggiori presenze almeno nel primo giorno, a seguire buona l’affluenza degli italiani mentre i grandi assenti sono gli asiatici a parte qualche raro caso di buyer arrivati da oltreoceano per incontri fissati e a colpo sicuro. Banana Republic, Ralph Lauren sono solo alcuni dei clienti americani delle aziende pratesi. Clienti importanti arrivati anche ieri alla Fortezza da Basso dove fino al 30 gennaio va in scena la kermesse dedicata alle collezioni primavera-estate 2026. Ordini che fanno la differenza per un distretto che nonostante tutto, resta punto di riferimento per i brand del lusso e non solo, e sui quali pesa l’incognita dei recenti annunci di Trump sui dazi che rischiano di colpire l’economia.
"Le prime decisioni del presidente Trump non introducono nuovi dazi ma prevedono una ricognizione entro il primo aprile su molti aspetti della politica commerciale americana", sottolinea la Farnesina dopo la riunione presieduta dal ministro Antonio Tajani con alcuni rappresentanti del tessuto produttivo italiano sulle prospettive dell’export anche con la nuova amministrazione Usa. Qualche dubbio si insinua. "Indirettamente lavoriamo con lanifici e tessiture che operano con marchi americani, quindi i dazi annunciati da Trump è innegabile che facciano riflettere", ammette Barbara Padrini di Filpa. "Già è un momento complicato, ovviamente l’abbigliamento non è tra le priorità degli acquisti, lavorare negli ultimi anni è diventato molto più difficile proprio perché c’è più attenzione e sono aumentate le pretese non abbiamo bisogno di ulteriori incognite". Incertezza che si aggiunge alle incertezze di un mercato manipolato dagli effetti della globalità: "È presto per capire come la questione dei dazi evolverà, non possiamo fare altro che aspettare continuando a lavorare su green e sostenibilità", aggiunge Fabio Campana, del Lanificio dell’Olivo. "La grande distribuzione è cresciuta in maniera esponenziale e c’è uno squilibrio - interviene Giampiero Livi di Ecafil Best -. I dazi di importazione ci sono già, quello che invece ci preoccupa è l’incremento dell’energia, alcune tintorie hanno già ritoccato i listini". "Anche il nostro comparto non sfugge alla stasi della moda - dice Gabriele Innocenti, Confindustria Toscana Nord - Preoccupano alcuni fenomeni che potrebbero minare la competitività, a cominciare dai costi energetici".
Dazi, costi energetici e il mercato cinese in regressione: "La Cina è un colosso e quindi anche un bacino per le vendite di beni di lusso, se si ferma, il mercato ne risente", aggiunge Barbara Padrini. Incognite che i produttori pratesi tentanto di spazzare puntando tutto sulla bellezza e sulla creatività.
Silvia Bini