REDAZIONE PRATO

"Il nostro lavoro? Più difficile di come sembri E quando conosci le strade non servi più"

La storia di Maurizio, 46 anni, ex precario di Poste: "Assurdo essere formati con regolare retribuzione e poi dover cambiare lavoro"

"Il mestiere del postino non è facile come sembra. Per capire le strade, diventare completamente autonomo e riuscire a portare a termine in tempo tutto il lavoro serve almeno un mese e mezzo di preparazione sul campo. Purtroppo, una volta che sei entrato dentro il meccanismo e inizi a diventare davvero efficiente scade il contratto e non viene più rinnovato". Maurizio Sabia, 46 anni, è uno degli ex precari di Poste. Da ieri il suo contratto, iniziato a giugno 2021, è scaduto e non sarà più rinnovato. Così ha deciso di raccontare la sua esperienza da postino, per fare capire anche il perché spesso ci siano ritardi nella consegna della corrispondenza. "Quando ho iniziato il contratto pensavo a un lavoro più semplice", racconta Sabia. "Invece fare il postino richiede esperienza, conoscenza del territorio, e anche di tutti i servizi postali offerti, come raccomandate, pacchi o prodotti vari. All’inizio finire tutto il giro di consegne nel canonico orario di lavoro è impossibile, e allora ti trattieni un po’ di più perché vuoi fare bella figura e non creare disservizi all’utenza. In fondo spesso ci sono persone che aspettano comunicazioni importanti. Devo dire che ho trovato un bel gruppo di lavoro, direttori, capi squadra e colleghi sono sempre stati perfetti dal punto di vista professionale e umano. Resta però l’amaro in bocca per avere dato il massimo e non vedersi poi rinnovato il contratto". Sabia si era ritrovato senza lavoro durante il lockdown: l’azienda nel settore degli expo e fiere non gli aveva rinnovato il contratto a causa della crisi scatenata dalla pandemia. Così ha deciso di cambiare settore, e di fare il magazziniere in orario notturno. Poi è arrivata la chiamata da Poste Italiane, subito accettata. Il contratto iniziale è di un mese e mezzo, poi la prospettiva diventa quella di restare un anno in azienda. "Questo è un mestiere che non è affatto banale – prosegue Sabia –. Sei in contatto continuo col pubblico e poi hai il peso di sostituire persone che hanno fatto questo lavoro per una vita e ne conoscono tutti i segreti. Io ad esempio ho sostituito un dipendente andato in pensione. Mi sembra paradossale essere formati con una regolare retribuzione, per poi dovere entro un anno cambiare di nuovo lavoro. L’unica possibilità è quella di farsi inserire in un’apposita graduatoria dalla quale di tanto in tanto prendono nuovi assunti a tempo indeterminato. Ma è un percorso lungo e senza certezze".

Il problema dei troppi postini precari è stato denunciato più volte sia dalla Cgil che dalla Cisl. Avere infatti un portalettere di ruolo su un determinato quartiere, che per decenni lavora sempre sulle stesse strade, assicura un servizio capillare, puntuale e certo. "Adesso di fronte a me ho due strade – conclude Sabia -. Da un lato candidarmi in una delle aziende che fanno concorrenza a Poste Italiane, dall’altro tornare nel mio settore d’origine sperando che il lavoro riparta post pandemia con la ripresa di esposizioni, fiere e convegni. Rimane il dispiacere comunque di avere imparato un nuovo mestiere e vedere tutto vanificato".

Stefano De Biase