SILVIA BINI
Cronaca

Il Nuovo Mondo di Sacchetti. Il pasticcere delle eccellenze: "Latte e uova erano i miei giochi"

In via Garibaldi dal 1989 la caffetteria meta dei pratesi. La passione per i dolci inizia da bambino quando fu affidato alle cure della zia che abitava in campagna. "Lì ho scoperto la mia strada".

In via Garibaldi dal 1989 la caffetteria meta dei pratesi. La passione per i dolci inizia da bambino quando fu affidato alle cure della zia che abitava in campagna. "Lì ho scoperto la mia strada".

In via Garibaldi dal 1989 la caffetteria meta dei pratesi. La passione per i dolci inizia da bambino quando fu affidato alle cure della zia che abitava in campagna. "Lì ho scoperto la mia strada".

Dici Paolo Sacchetti, dici pasticceria. La vita di uno dei più grandi artigiani del gusto italiani non è iniziata con la dolcezza delle sue creazioni. "Quando nacqui, mia madre era malata di tubercolosi. E così fui affidato alle cure dei miei zii. Vengo da una famiglia di origini contadine: mio padre si alzava alle quattro per mungere le mucche e poi andava a Firenze a fare il muratore. Io, bambino, passavo il tempo tra la stalla e il pollaio, latte e uova non mancavano. E così, per gioco, ho iniziato a fare i primi dolci". Paolo Sacchetti esce dal laboratorio della sua pasticceria in via Garibaldi, si siede al tavolino e racconta della sua infanzia. Ricorda il suo inizio, che non è stato come per molti con la scuola alberghiera e poi le specializzazioni, ma una casualità che gli ha permesso di conoscere la sua incredibile ed inesauribile arte nel preparare dolci. Una dote che ha scoperto di avere da bambino, quando alto poco più di un metro, sotto la guida esperta della zia Ida, iniziò ad impastare le prime torte, a creare il primo zabaione e la prima crema pasticcera. "Ero goloso, è questo il mio segreto", sorride Sacchetti. La sua storia affonda le radici nell’umiltà e nella fatica, ma è proprio da lì che è nata la sua grande passione. A nove anni torna a Firenze, studia per diventare disegnatore meccanico, ma il richiamo della pasticceria è irresistibile.

"Mio padre faceva il muratore e avrebbe voluto che lavorassi in qualche grande azienda, facendo quello per cui avevo studiato, invece iniziai a lavorare come pasticcere quando ancora andavo a scuola". E da allora non ha più smesso. A 14 anni Sacchetti si avvicina al mondo del lavoro al circolo della Cgil, un’esperienza che segnerà la sua carriera. "Mio fratello, sindacalista, portava le mie torte al lavoro. Gli assaggi hanno fatto il resto: mi hanno offerto un posto perché ero bravo". L’amore lo porta a Prato e dal 1989, quando quel lontano 17 settembre per la prima volta aprì il bandone del Nuovo Mondo, non è più tornato a Firenze. "Nel 1989, trovammo un fondo in via Garibaldi e nacque il Nuovo Mondo, divenne la mia pasticceria". Sacchetti all’alba degli anni Novanta porta una rivoluzione in città : mentre tutti i pasticcieri lavoravano di notte, lui iniziò a sfornare mattina e pomeriggio. "A Prato la gente ha sempre avuto fretta, ma il pomeriggio, con la merenda, il centro si riempiva. E allora ho pensato ai cremini caldi, nessuno faceva paste calde".

Il passo perché i cremini del Sacchetti arrivassero a conquistare i palati dei pratesi fu breve: "Iniziai a proporre paste calde alla crema, c’era la fila fuori per comprarle e così sono iniziato a diventare un punto di riferimento". Poi sono arrivate le Pesche di Prato, di cui è ambasciatore e portavoce non solo in Italia: un must, con oltre 1.200 creazioni vendute ogni settimana.

Oggi con il centro che si svuota, gli uffici e i negozi che chiudono, il Nuovo Mondo è sempre lì, nello stesso luogo dove tutto è iniziato. "Qui ho pochissimo spazio, la pasticceria è sempre affollata. Perché? Dicono che ho cose buone, la qualità ripaga sempre". Così come l’impegno perché, Sacchetti, ogni mattina, alza il bandone alle 5 e tira giù la saracinesca ben dopo le 21 di sera. Lui c’è, impegnato nel laboratorio, che non si sottrae se c’è da servire una sfoglia al cliente, perché la sua storia affonda le radici nella genuinità e non importa se oggi è maestro pasticcere, vicepresidente nazionale di Ampi (Accademia maestri pasticceri italiani), se è tra gli 11 artisti del panettone in Italia grazie al suo impegno per la valorizzazione del lievito madre o se ha concorso con i più grandi e vinto premi internazionali a cominciare dai riconoscimenti per la pasta sfoglia.

Oggi al suo fianco c’è il figlio Andrea, pronto a raccogliere l’eredità di un mestiere fatto di passione e sacrifici. "Le ricette? Uso ancora quelle tramandate a voce, e questo è il segreto del successo. Non abbiamo mai smesso di fare le cose come una volta". La pasticceria di Paolo Sacchetti non è solo un laboratorio di dolci: è la storia di un uomo che ha trasformato un gioco d’infanzia in un’arte, riconosciuta e amata non solo a Prato.

Silvia Bini