ANNA BELTRAME
Cronaca

Il prof di italiano al Livi: "Obiettivo cittadinanza: la lingua è il veicolo. Cinesi, ancora problemi"

Tempestini: "Le maestre qui fanno miracoli, ma chi non studia in Italia i primi anni ha un gap enorme da colmare. Anche al liceo classi con stranieri in maggioranza. E più orientali che parlano pratese" .

Il prof di italiano al Livi: "Obiettivo cittadinanza: la lingua è il veicolo. Cinesi, ancora problemi"

Il liceo Livi il più premiato in Toscana al. Certamen di latino In ponticulo Herae

Maurizio Tempestini insegna italiano e latino allo scientifico Livi, il liceo più multietnico della città. Nelle aule di via Marini, Chinatown, studiano ragazzi cinesi, pakistani, nordafricani, anche italiani naturalmente. Un caleidoscopio di origini e di culture che ha pochi eguali in Italia. Tempestini ha 62 anni, è docente del Livi dal 2008 e prima ha insegnato per anni alle scuole serali per adulti e ai detenuti della Dogaia. Nel 2019 ha scritto il suo primo romanzo, "Perché la ruota giri", ambientato in un liceo immaginato, ma in qualche modo reale, con protagonisti i nuovi pratesi, italiani di diverse origini. "Volevo raccontare come nella scuola queste diversità possono incontrarsi e trasformarsi in relazioni", disse, spiegando che per il titolo del libro si era ispirato a una frase del Sistema periodico di Primo Levi: "Perché la ruota giri, perché la vita viva ci vogliono le impurezze, ci vuole il dissenso, il diverso, il granello di sale e di senape...".

Tempestini, in cinque anni Prato è ulteriormente cambiata. Il ruolo della scuola è ancora più fondamentale.

"Non c’è dubbio. Sono ancora convinto che il lavoro svolto dalle maestre nella primaria e poi dai colleghi delle medie sia di straordinaria importanza: è in quegli otto anni che spesso si compie il miracolo e ai bambini delle più diverse provenienze la scuola regala la lingua italiana, il veicolo della cittadinanza. Oggi come nell’Italia degli anni ’60 la scuola sta affrontando una sfida epocale che potrà rendere più solido il Paese se vinta".

E le superiori?

"I problemi non mancano, perché purtroppo ci sono ancora ragazzi che iniziano il liceo senza conoscere l’italiano o conoscendolo in modo insufficiente. Le difficoltà riguardano soprattutto gli allievi cinesi nel biennio, che al Livi sono tanti: è la scuola superiore più comoda da raggiungere. Il problema è sempre la lingua: c’è chi è nato qui ma da piccolo è tornato in Cina, oppure chi è arrivato da adolescente. Nei primi due anni la selezione diventa inevitabile: c’è chi purtroppo abbandona, chi cambia scuola, chi viene bocciato. Oggi però rispetto al 2019 ci sono più ragazzi cinesi che parlano italiano perfettamente. Mi correggo: parlano pratese".

i ragazzi delle altre etnie?

"Albanesi e rumeni hanno in genere una padronanza perfetta dell’italiano".

Racconti delle sue classi.

"Nello scorso anno scolastico ne ho avute quattro, dalla seconda alla quinta. In seconda ragazzi dallo Sri Lanka, dalla Cina, dal Pakistan, dal Nord Africa: una specie di Onu in aula. Gli italiani meno di un terzo degli allievi".

Il Livi è all’avanguardia nei progetti di inclusione.

"Senza dubbio e grazie ai fondi del Pnrr sono stati avviati ulteriori progetti, ma il gap della scarsa conoscenza della lingua alle superiori non è facile da recuperare".

Come spiega Leopardi ai ragazzi?

"A volte è necessario semplificare, inevitabilmente impoverire".

Il latino?

"All’inizio chi ha difficoltà con l’italiano lo trova anche meno complesso: sono regole da imparare. Poi però arrivano le forche caudine".

I genitori?

"Per la mia esperienza i meno presenti sono i cinesi. I nordafricani invece, anche con difficoltà della lingua, sono molto partecipi".

E i ragazzi cinesi come li vede nelle sue classi?

"Dipende. In una classe ce ne sono due che escono con gli italiani, nel modo più normale e naturale possibile. In altri casi i gruppetti e le amicizie magari risentono delle appartenenze linguistiche ed etniche, ma è impossibile che nello spazio di una classe non si creino momenti di condivisione, di osmosi".

E’ cambiata anche la professione di insegnante.

"Soprattutto per noi più anziani non è certo la scuola in cui abbiamo iniziato a insegnare. Le soddisfazioni arrivano però, come all’ultima maturità. Due allieve cinesi che erano partite con molte difficoltà legate a carenze linguistiche, grazie all’impegno e allo studio, sono riuscite a fare davvero un buon esame. Ho chiesto loro che intenzioni avessero per la cittadinanza: una acquisirà senza ombra di dubbio quella italiana, l’altra non esclude di farlo più avanti".

Cosa pensa dello ius scholae?

"Poter avere la cittadinanza italiana dopo un percorso di studio direi che è lapalissiano. La questione dirimente, ribadisco, è la conoscenza della lingua. Lo scriveva dell’Italia Manzoni in Marzo 1821: Una d’arme, di lingua, d’altare. Di memorie, di sangue e di cor. Lingua e memorie, quindi la cultura".

Nel romanzo Perché la ruota giri raccontava di un amore tenero, goffo e difficile fra un ragazzino cinese e una ragazzina pakistana. I più bravi della classe...

"Mi era piaciuto scrivere di un amore che poteva nascere solo in quella classe di liceo, perché nella vita ‘fuori’ quei due ragazzi non si sarebbero mai incontrati, entrambi risucchiati dalle rispettive comunità. Era una storia bella da raccontare. Il fatto che i due ragazzini fossero delle ‘eccellenze’ era ed è del tutto verosimile. Così come purtroppo per altri coetanei le difficoltà a portare a termine il corso di studi erano e sono enormi".